Valutare il potenziale dei propri collaboratori

valutare il potenziale

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Quando si parla di valutazione del personale non ci si riferisce solo alla misurazione della prestazione lavorativa ma piuttosto alla gestione (. piani incentivanti, premi, …) e allo sviluppo (interventi formativi, piani di carriera, etc..) delle persone che operano all’interno dell’organizzazione.

Tra le diverse tipologie di valutazione ce n’è una che risulta particolarmente complessa: quella del potenziale.

La valutazione del potenziale permette di indagare se una risorsa possiede delle caratteristiche, delle capacità, delle attitudini che in quel momento non sono ancora state espresse. Infatti queste possono non essere richieste dal ruolo che attualmente si ricopre, risultano però importanti per individuare quali sono le sue aree di miglioramento e di sviluppo, con l’obiettivo di progettare percorsi di crescita interni o di cambio di ruolo.

Quando si struttura un percorso di valutazione del potenziale è importante procedere per step: il primo punto è la definizione degli obiettivi e delle finalità di intervento, in questo modo si potranno delineare i criteri di valutazione e gli strumenti per portare avanti l’analisi.

Per quanto riguarda gli strumenti si può scegliere tra: assessment center, interviste (non solo ai partecipanti della valutazione ma anche a colleghi o superiori), prove in basket, osservazioni sul campo, test e questionari.

È importante condividere con le risorse coinvolte quelli che sono gli obiettivi e i criteri di valutazione e pianificare un momento di feedback e restituzione dei risultati al termine del percorso.

Questo processo risulta applicabile anche a professionalità verticali nel mondo healthcare come gli infermieri? Assolutamente sì, ed è per questo che abbiamo iniziato un percorso rivolto alla nostra rete infermieristica in collaborazione con @Donata Bruzzi – psicologa del lavoro.

Il progetto pilota si concentra su 10 profili differenti per geografia, tipo di attività e anzianità di servizio.

L’obiettivo è stato quello di valutare le competenze comportamentali degli infermieri rispetto ad alcune aree quali: coordinamento, pianificazione, leadership e aderenza ai valori e alla mission di HNP. Per fare questo, il percorso di valutazione ha previsto:

  • un colloquio finalizzato a raccogliere un quadro di competenze, valori e motivazioni
  • la somministrazione di una batteria di test psicoattitudinali.

In linea con le attuali evoluzioni tecnologiche, l’intero processo di valutazione è avvenuto tramite strumenti digitali: la batteria di test Hogan, costruita in modo da rendere immediata la compilazione via web, e una intervista attraverso videocall. Questo ci ha permesso di gestire l’assessment in modo agile, limitando l’impatto logistico dell’iniziativa, ma nello stesso tempo preservando la qualità dell’osservazione delle persone coinvolte. È infatti una pratica consolidata l’utilizzo di videointerviste e strumenti on line anche per le attività di assessment, come l’assessor ha spiegato in un articolo:

Ad esperienza conclusa, la percezione da parte della assessor è stata di “un buon livello di partecipazione da parte delle persone coinvolte, che hanno dimostrato curiosità e disponibilità ad accogliere i feedback. Ciascuno di essi ha ricevuto un quadro complessivo sulle proprie competenze comportamentali, ed alcune indicazioni per migliorare la performance sia al momento attuale, che in ottica di sviluppo del percorso lavorativo in HNP. Nel suo insieme la squadra coinvolta nel processo di valutazione si è caratterizzata per la presenza di persone sensibili alla qualità e all’innovazione scientifica, propense ad un atteggiamento altruistico verso clienti e colleghi, attente nell’ascolto degli altri, in linea con i valori aziendali”.

Emerge così come la valutazione del potenziale abbia una duplice importanza sia per l’organizzazione sia per le persone coinvolte: la prima può, in ottica strategica, avere un quadro più chiaro delle competenze del suo team e degli strumenti che può mettere in campo per favorire l’engagement.  Dall’altro, le risorse coinvolte si sentono valorizzate, non solo per poter prendere parte alla crescita aziendale ma anche per avere la possibilità di mettersi in gioco e acquisire una maggior consapevolezza delle loro potenzialità.

 

Intervista a Clelia Bincoletto, Information Security Manager di HNP

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Nel settore healthcare la cyber security riveste un ruolo di primo piano. La sicurezza delle informazioni è un aspetto a cui tutti i provider devono prestare attenzione. Clelia Bincoletto, la nostra Information Security Manager ci spiega meglio alcuni aspetti legati a questo tema. 

Che cosa si intende per information security risk assessment?

L’information security risk assessment è un processo che consente a un’organizzazione di identificare vulnerabilità e minacce che insistono sul proprio patrimonio informativo e decidere quali contromisure adottare per affrontarle efficacemente. Questa valutazione è una delle attività fondamentali per la creazione e il mantenimento di un sistema di gestione della sicurezza delle informazioni (ISMS).

Un processo di gestione del rischio dovrebbe essere ripetibile, misurabile e verificabile. In tal senso, sono stati sviluppati diversi standard di risk assessment, tra cui quello oggetto della linea guida ISO/IEC 27005.

Una valutazione del rischio sulla sicurezza delle informazioni si compone di norma di tre macro-fasi:

  1. Identificazione e valutazione delle risorse, per inventariare le informazioni di proprietà o nella disponibilità aziendale (anche presso terze parti) e associarne un valore in termini finanziari, reputazionali e strategici;
  2. Identificazione e valutazione dei rischi, per individuare le minacce che potrebbero sfruttare le vulnerabilità legate alle risorse e attibuirne un valore di impatto, che dipende dalla criticità delle risorse in esame e dall’efficacia dei controlli già implementati dall’organizzazione all’atto della valutazione;
  3. Gestione dei rischi, per determinare quali iniziative intraprendere nell’ottica di gestire in modo appropriato i rischi considerati non accettabili dall’organizzazione.

 

Perché un’azienda nel settore healthcare deve riporre particolare attenzione agli aspetti legati alla Information security?

L’healthcare è un settore particolarmente vulnerabile perché tratta informazioni ad alto valore strategico ed economico, come i dati di natura sanitaria dei pazienti e di proprietà intellettuale relativi alla ricerca sanitaria e all’innovazione in campo medico.

Secondo l’agenzia Experian, infatti, a seconda della completezza del dato, un singolo record sanitario può essere quotato anche mille dollari sul mercato del dark web. Tali informazioni sensibili possono essere infatti sufficienti per ottenere prescrizioni o trattamenti medici tramite un furto di identità, o consentire lo sfruttamento del know-how o di altre informazioni confidenziali da parte di aziende concorrenti.


In che cosa consiste un audit di cybersecurity?

Un audit di cybersecurity è una valutazione sistematica e misurabile della conformità di un’organizzazione rispetto ad una normativa di riferimento in ambito di sicurezza informatica e delle informazioni, come ad esempio la ISO/IEC 27001.

In altre parole, si verifica che l’organizzazione abbia adottato e gestisca in modo continuo adeguati controlli (ovvero, contromisure) per contrastare i rischi legati alla cybersecurity, così come indicati nelle best-practice dei framework del settore (NIST, ISO, CIS, PCI DSS).

Questa tipologia di verifiche ispettive è compresa nel percorso di certificazione (e mantenimento della stessa) di un ente rispetto a uno standard di cybersecurity: ad esempio, lo standard ISO 27001 prevede che queste verifiche vengano effettuate periodicamente per controllare che l’ente abbia definito un impianto documentale che contenga procedure e prescrizioni per assicurare la sicurezza delle informazioni e che, soprattutto, queste regole siano seguite e monitorate.

L’audit, soprattutto se eseguito da un soggetto esterno con una visione oggettiva sulla realtà aziendale, permette di evidenziare aree di miglioramento anche sconosciute all’organizzazione.

Che cosa sta facendo HNP in tal senso?

HNP è un’azienda attenta e proattiva rispetto ai temi di sicurezza informatica e delle informazioni. Dal 2020 i suoi processi di ideazione, progettazione ed erogazione di servizi di supporto ai pazienti e ai centri clinici sono certificati  ISO/IEC 27001.

Dal 2019, in aggiunta alle verifiche ispettive di monitoraggio della certificazione, si sottopone annualmente a un audit di cybersecurity indipendente denominato Cybervadis, che verifica l’applicazione dei controlli contenuti in tutti i principali standard di conformità internazionali, tra cui NIST, ISO 27001, GDPR e molte altre leggi internazionali sulla privacy e sulla sicurezza informatica.

A gennaio 2022 ha ottenuto un punteggio di 966 su 1000, con eccellenze sui controlli relativi alla gestione della data privacy, data protection e business continuity.

Come misurare la soddisfazione di un servizio? Il ruolo della Patient Experience survey

patient experience survey

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Misurare la soddisfazione rispetto a un servizio- in ambito healthcare è ritenuta una delle attività fondamentali.

Per questa ragione le “Patient Experience” (PE) survey risultano lo strumento più appropriato per comprendere non solo il livello di soddisfazione degli utilizzatori rispetto ad un servizio ma anche le loro esperienze e aspettative.

I dati sulle percezioni dei pazienti sono di grande valore informativo: sono indicatore di aderenza terapeutica, qualità della vita e delle cure, outcomes di salute e sicurezza di farmaci e dispositivi medici.

Inoltre misurare la PE risulta fondamentale per garantire un corretto andamento dei servizi sanitari, come suggerito in un recente articolo di LaVela et al. in cui si parla di come questo strumento sia importante per migliorare il processo decisionale, di gestire efficacemente e monitorare la performance di servizi, offrire benchmark e informare un’organizzazione sui processi di miglioramento interno.

Approccio qualitativo o quantitativo?

Vi sono diverse modalità di valutazione dei servizi, di tipo quantitativo e qualitativo. Tra gli approcci quantitativi, i questionari strutturati che raccolgono le “Patients Reported Experience Measures” (PREMs) sono la principale fonte di misurazione della PE; essi sono strutturati per produrre dati numerici che possono essere analizzati statisticamente per fornire informazioni su andamenti, trend e associazioni e permettono una comparazione avanzata.

L’esperienza però non basta: per offrire un quadro più ampio sull’outcome di salute del paziente è importante combinare la PE alla rilevazione delle condizioni cliniche.

In questo modo si può avere un quadro più chiaro sull’esperienza di cura.

La tipologia di domande e le metriche di misurazione scelte hanno un alto impatto sulle informazioni che si ricavano e sulla capacità di monitorare l’esperienza (Qualtrics, 2022): per questa ragione è importante tenere presente le caratteristiche e le potenzialità di ciascuna tecnica.

Binary questions

Permettono un riscontro immediato alla domanda; porgendo un semplice quesito è possibile ottenere un riscontro sul fatto che i bisogni del paziente siano stati soddisfatti o meno.Tuttavia, tale modalità non permette di contestualizzare appieno la risposta e offre limitato campo di indagine sulle variabili che condizionano l’esperienza del paziente.

Likert scale

Questa modalità fornisce opzioni di risposta con un range che varia da un estremo all’altro (da molto soddisfatto a per nulla soddisfatto). Può presentarsi come scala dispari – con una risposta neutrale nel mezzo – o scala pari, che rimuove la risposta nel mezzo per offrire una scelta binaria. Scegliere se adottare una scala dispari o pari spetta all’investigatore, l’evidenza suggerisce che scale con 2 opzioni di risposta hanno meno affidabilità di scale con 5 opzioni. Dopo le 5 opzioni di risposta però l’affidabilità si livella, offrendo una utilità incrementale minima. Queste tipologie di survey sono semplici da impostare, da comprendere e completare e forniscono dati di PE quantificabili e codificabili.

Tuttavia, questa modalità da sola non permette di comprendere la reale attitudine dei pazienti: essi infatti possono avere specifiche motivazioni che inducono alla risposta ma che non sono evidenziate dalla domanda o possono sentirsi riluttanti nel selezionare l’opzione di risposta estrema, anche se in linea con la loro esperienza.

Multiple choices

Permettono di scoprire di più riguardo i pazienti e le loro esperienze. Questo tipo di domande possono guidare i pazienti, fornendo un testo alle risposte selezionabili. Anche questa modalità da sola non permette di comprendere appieno la reale attitudine dei pazienti.

Open-ended questions

Questo tipo di domande permettono al paziente di fornire una descrizione che utilizza le sue parole per descrivere quanto apprezzo un prodotto o un servizio. Domande con campi aperti sono utili per approfondire le ragioni delle risposte, raccogliere feedback e avvertimenti sul servizio. Tuttavia, esse richiedono un maggior sforzo per i rispondenti che possono sentirsi scoraggiati dal compilare i campi aperti.

Semantic-differential questions

Sono domande descrittive che permettono di scegliere un’opzione di risposta che meglio rappresenta l’opinione rispetto a un concetto dato (quanto sei d’accordo con questa affermazione? Per nulla, poco, abbastanza, molto). Queste domande sono etichette nelle quali il paziente si riconosce, sentendosi più libero di indicare il suo stato. Questa tipologia permette al paziente di rispondere in maniera più spontanea e specifica, liberandolo dalla scelta della opzione “che il mio Clinico si aspetta”.

Check list format

Questa modalità, tipica delle customer satisfaction, è ampiamente utilizzata nel contesto dei servizi sanitari per valutare le esperienze e la soddisfazione rispetto a un servizio offerto (es. ospedale, professionista sanitario). Comprende una lista di item che possono essere selezionati e marcati dal paziente.

Dispositivi indossabili & healthcare

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Negli ultimi anni, la tecnologia indossabile (wearable) ha ricevuto una grande attenzione sia dall’industria farmaceutica che dai pazienti, portando a un incredibile aumento dell’interesse, decine di migliaia di nuovi brevetti depositati, centinaia di nuove aziende, migliaia di prodotti.

Questo tipo di tecnologia è diventata molto specializzata e differenziata al punto da prevedere una vasta gamma di prodotti, come ad esempio dispositivi da polso (orologi intelligenti, braccialetti), per la testa (occhiali intelligenti, cuffie), ornamentali (gioielli intelligenti, anelli e catene), e-textiles (indumenti intelligenti, t-shirt e abiti), e-patches (patch sensore e e-tatoo), per lo sport e fitness (sensori indossabili intelligenti, braccialetti intelligenti), ecc.

Dispositivi indossabili nel mondo healthcare

La tecnologia indossabile, anche quando nata per il mercato consumer, non ci ha messo molto a raggiungere il campo sanitario. In alcuni casi  è stata in grado di far evolvere il rapporto medico-paziente, proponendo un nuovo modo di affrontare la terapia e per raccogliere con frequenza importanti biomarcatori diversamente relegati ai controlli periodici di terapia.

Questi dispositivi sono stati anche di aiuto durante la pandemia COVID-19, permettendo il monitoraggio, la telemedicina e la salute digitale, cosa che ha aumentato la conoscenza e la familiarità a questo tipo di tecnologie da parte del grande pubblico.

A causa della rilevanza che questi dispositivi stanno avendo e la loro diffusione tra la popolazione, gli esperti in materia sono impegnati in ricerche per definire i criteri di qualità, controllo e certificazione necessari per ottenere i massimi benefici per gli utenti e i pazienti e dati affidabili.

Imprecisione nei wereable

Poiché le tecnologie indossabili sono sempre più utilizzate per la ricerca clinica e l’assistenza sanitaria, è fondamentale comprendere la loro accuratezza e determinare come gli errori di misurazione possano influenzare le conclusioni della ricerca e incidere sul processo decisionale in ambito sanitario. L’accuratezza delle tecnologie indossabili costituisce un argomento molto dibattuto

Questo ha a che fare con gli algoritmi di raccolta e analisi dei dati utilizzati nelle versioni precedenti di alcuni di questi dispositivi, che, a causa della interpretazione dei diversi toni della pelle, sensori di movimento imprecisi o segnali mal interpretati, tendevano a mostrare risultati distorti o non accurati.

Attualmente, le aziende di tecnologie indossabili sono responsabili della valutazione e della segnalazione dell’accuratezza dei loro prodotti, ma poca informazione sui metodi di valutazione è resa pubblica.

Un approccio più specifico ai PSP attraverso i dispositivi indossabili.

Importanti servizi a valore aggiunto come le terapie digitali, il monitoraggio remoto, la raccolta di biomarcatori stanno emergendo, di conseguenza, i fornitori di servizi tradizionali e l’industria pharma stanno vedendo crescenti opportunità nell’adattarsi ai modelli futuri per la fornitura di servizi di supporto al paziente che integrino anche queste componenti.

I programmi di supporto per i pazienti che promuovono servizi “oltre la pillola”, personalizzati in base al profilo di un farmaco o dispositivo medico dato a un paziente, sono molto in linea con i wearable, permettendo di affrontare i problemi che i pazienti sperimentano dopo una diagnosi rendendo il trattamento ottimizzato.

La tecnologia indossabile ha il potenziale per fornire servizi che aiutano a migliorare la qualità di vita dei pazienti e generare insight basati sui dati raccolti.

Riunirsi per generare valore: il potere degli eventi corporate

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Può un evento corporate generare valore per la narrazione di una azienda? Assolutamente sì se inserito all’interno di un lavoro chiaro e coerente sulla identità.

HNP, seguendo questa strada, organizza periodicamente momenti dedicati all’azienda: staff meeting informativi, partecipativi o formativi volti a creare un racconto, sulla strada percorsa insieme, su ciò che sta vivendo e su come si immagina il futuro.

Per una azienda a rete come HNP, costituita dalla connessione tra i diversi nodi, le persone, appartenenti a differenti comunità professionali (ingegneri aziendali, infermieri, medici, psicologi, ecc.) e distribuite su tutto il territorio nazionale l’evento diventa una tecnica di governo dell’organizzazione stessa, quindi uno strumento efficace nel guidare e orientare l’azione.

Un elemento da valorizzare nelle organizzazioni a rete è infatti l’elevata capacità dei nodi di autoregolarsi, che va di pari passo con la loro abilità nel cooperare in vista del raggiungimento di un comune obiettivo.

Governare un’impresa a rete implica dunque la capacità di progettarla costruendo e rafforzando il legame tra i nodi, senza privarli della loro autonomia. Per riuscire in questo si può agire su molte leve: organizzative e incentivanti da un lato e narrative dall’altro.

Il racconto si fa tecnica di governo che può dare un importante contributo simbolico ed evocativo all’azienda e ai membri che la costituiscono. Il racconto diventa la base per la realizzazione di eventi di staff come occasioni per garantire il più possibile la simmetria informativa con tutti i nodi della rete.

Il racconto è più che mai indispensabile in una realtà come quella del mondo healthcare, in continua evoluzione e sempre più dinamica. Nel suo quotidiano l’azienda è chiamata ad essere rapida nella sua operatività. Questa velocità rende difficile per l’impresa osservare e osservarsi, generando la necessità di ritagliarsi dei momenti in cui riflettere su quello che accade e sulla direzione che si sta seguendo.

Gli eventi corporate permettono proprio di rispondere a questa necessità: permettere ai membri dell’organizzazione di superare l’entropia generata dall’operatività e di costruire insieme la strategia aziendale.

Come organizzare un evento corporate? Prima di tutto avendo chiaro l’obiettivo: un aggiornamento sullo status quo, una condivisione degli obiettivi piuttosto che un rafforzamento di precise dinamiche tra i membri della rete.

Una volta stabilito il motivo per cui si sta organizzando il meeting si procede con la stesura dello storyboard che guiderà la selezione degli interventi e delle attività che hanno il compito di rispondere al ritmo che si vuole dare e alla narrazione.

La pandemia ci ha visti obbligati a ripensare agli eventi corporate e trasportarli online, usando nuove tecniche di ingaggio: dai kit esperienziali inviati qualche giorno prima dell’evento, momenti di pausa tra chiacchiere informali, interventi meno frontali e più emozionali.

In questa nuova fase sarà necessario pensare a delle modalità ibride che coniughino l’esigenza della presenza con l’opportunità della distanza per garantire il senso di sicurezza che sta alla base dello “stare bene” aziendale.

Anche la scelta della location risulta fondamentale per permettere una narrazione coerente del “chi siamo” e “dove vogliamo andare”.

Nel bilanciamento delle attività è, come abbiamo detto precedentemente, necessario prevedere momenti di formazione, informazione ma anche di attività unicamente pensate per fare “team”, possibilmente create ad hoc pur lasciando liberi i partecipanti di esprimersi secondo la propria modalità.

La chiusura di ogni evento corporate è un momento molto importante: la restituzione che viene fatta del tempo e delle attività condivise costituisce il bagaglio che ogni partecipante porta con sé nel suo agire quotidiano. Può essere gradito riassumere i messaggi chiave affrontati e chiedere a ciascun partecipante un contributo da offrire agli altri membri del team e di conseguenza all’organizzazione.

Analizzare ex post l’evento è uno step necessario per capire se si sono raggiunti gli obiettivi prefissati e se sono emersi nuovi punti di interesse; per questa ragione è importante sottoporre ai presenti una survey da far compilare nei giorni successivi.

Inizia a raccontare, diventerà realtà”: riprendendo le parole di Baricco, Gianni Belletti – Country Manager di HNP – nell’ultimo staff meeting ha messo in luce l’importanza di scegliere parole, numeri, immagini che in un evento corporate esprimano l’identità aziendale, raccontando tutta la storia dell’organizzazione.

Le modalità con cui realizzare un evento possono essere infinite: la sfida è lavorare su una narrazione ben costruita, che ricerchi una coerenza, capace di rappresentare gli aspetti più importanti per l’oggi e per il domani, attraverso un racconto avvincente che possa essere veicolato dai nodi che diventino, in prima persona, portatori della storia ai punti più lontani della rete.

 

Migliorare la propria offerta a partire dalle procedure: il ruolo degli audit

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Migliorare o implementare procedure e progettualità: con questo obiettivo l’azienda si sottopone a verifiche e controlli che rientrano sotto il nome di audit.

L’audit comprende tutte le attività di campionamento delle informazioni documentate presenti all’interno di un’organizzazione volte a valutare la conformità di un sistema di gestione ai criteri di riferimento.

Tali criteri possono essere riconducibili a due macro categorie: i requisiti propri dell’organizzazione, in base alla tipologia dei processi erogati e al posizionamento strategico che l’azienda vuole dare, e i requisiti della norma internazionale. A quest’ultima categoria appartengono gli standard generici, i GxP, linee guida e normative specifiche di un determinato settore, nonché le certificazioni ISO, valide per tutti gli ambienti:

  • ISO 9001, che attesta la qualità dell’azienda,
  • ISO 27001, che contiene i requisiti per impostare e gestire un sistema di gestione della sicurezza delle informazioni,
  • ISO 14001, introdotta recentemente per fissare i requisiti di un sistema di gestione ambientale
  • certificazione SA 8000, relativa alla responsabilità sociale d’impresa
  • standard ISO 37001, per affrontare e prevenire possibili casi di corruzione e promuovere una cultura d’impresa etica.

Quando un’azienda viene “auditata” si genera valore: emergono infatti spazi d’azione su progettualità o attività interne volte a massimizzarne l’efficacia e l’efficienza. Far percepire il plus “culturale” rispetto alla gestione interna degli standard consente di analizzare le proprie attività per individuare criticità e quindi aree di miglioramento.

Audit e PSP: l’importanza della certificazione

Per un’azienda provider di patient support program essere certificati rende oggettiva la promessa fatta al proprio mercato di riferimento: i clienti, i pazienti, gli healthcare professionals e gli enti.

La certificazione consente infatti di analizzare il funzionamento di una organizzazione disponendo di una mappa cognitiva generale che identifica i touchpoint indispensabili che ogni azienda, indipendentemente dal suo settore, deve rispettare.

Si tratta poi di un’attività costante nel tempo: l’azienda deve infatti sottoporsi a processi di auditing terzi, erogati dagli Enti Certificatori, annualmente. Questo garantisce agli stakeholder il rispetto da parte del provider degli standard richiesti, aggiornandosi anno dopo anno.

Si tratta di una garanzia fondamentale, in particolar modo per le Pharma che spesso danno maggior punteggio ai PSP provider certificati, considerati più affidabili, che vengono così riconosciuti come preferred vendor.

Funzionamento e attori coinvolti negli audit di un PSP

Un PSP è valutato a due livelli: quello dei processi di gestione trasversali, per verificare gli standard validi per ogni PSP come la formazione delle risorse e la gestione della documentazione del Programma, e quello relativo ai processi assistenziali.

A loro volta gli audit sono gestiti con procedure e standard definiti all’interno della norma UNI EN ISO 19011:2018 e vedono l’analisi della documentazione aziendale quali procedure, modulistica, sistemi informatici, ecc. L’analisi prevede un team di auditor, una agenda dell’audit, sistemi documentali basati su check list a cui allegare documentazione generale.

Gli attori coinvolti sono l’auditor, che può essere esterno o interno all’azienda e tutte le funzioni dell’azienda che servono per documentare lo scopo dell’audit, come il team che progetta un PSP e tutte le funzioni a supporto, ad esempio HR e Quality.

Intervista a Sonia Selletti, Avvocata presso lo Studio Legale Astolfi

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Patient Support Program e quadro normativo italiano: quali norme li regolano? Quali sono gli aspetti da tenere in considerazione e come tutelare i dati personali dei pazienti? Ce ne parla Sonia Selletti, Avvocata presso lo Studio Legale Astolfi.

A livello normativo, come vengono inquadrati i PSP in Italia?

Nonostante la rapida diffusione in tutto il territorio nazionale, anche a seguito dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia, i Patient Support Program (PSP) non trovano una definizione e un inquadramento giuridico puntuale nelle norme di legge vigenti.

Rappresenta, quindi, un prezioso approdo l’inquadramento dei PSP contenuto nel Codice Etico di Farmindustria, che seppur vincolante per le sole aziende farmaceutiche associate, costituisce comunque un importante strumento interpretativo (come riferimento di best practice) per le fattispecie non espressamente disciplinate dalla legge.

In particolare, l’art. 4.7 del Codice citato precisa che il PSP è un programma di assistenza sanitaria realizzato a beneficio del paziente in trattamento con un farmaco già autorizzato all’immissione in commercio da parte dell’azienda farmaceutica.

Da tale definizione derivano due importanti “scelte di campo” che indirizzano, da un lato, a programmi che prevedono l’impiego di medicinali già muniti di AIC per favorire la vocazione assistenziale a beneficio del paziente evitando che possano trovare spazio iniziative con finalità di c.d. pre-marketing (intese cioè a preparare il futuro accesso al mercato dei medicinali) e, dall’altro lato, a programmi applicabili a pazienti già in trattamento con il medicinale ad evitare che vi possano essere forme di promozione del farmaco al paziente o al più scivoloso terreno dell’induzione alla prescrizione da parte del sanitario.

Tali scelte, seppure attestate su un livello di rigore rappresentano evidentemente una forma di chiarezza per l’impresa per orientare le proprie decisioni con un adeguato livello di certezza.

La norma in esame entra anche in un maggiore dettaglio della operatività di un PSP prevedendo che debba essere garantita la gestione della farmacovigilanza, della privacy e degli aspetti giuslavoristici (al riguardo, è chiarito che non è possibile la somministrazione di manodopera), nonché la responsabilità per la compliance e per la gestione dei materiali. Tali profili dovranno, pertanto, essere di volta in volta affrontati, tenendo in considerazione la normativa vigente e applicabile ai diversi temi che vengono in rilievo.

In aggiunta a quanto previsto dal Codice deontologico, Farmindustria ha reso altresì disponibile un documento di Domande & Risposte (soggetto a periodici aggiornamenti), che fornisce ulteriori spunti utili per avviare programmi di supporto al paziente.

Dal punto di vista legale, quali sono gli aspetti più rilevanti a cui prestare attenzione quando si progetta un nuovo PSP?

In assenza di una regolamentazione puntuale dei PSP e considerate le peculiarità di ciascuna iniziativa non si può prescindere da una valutazione accurata da farsi caso per caso. Ad esempio, gli elementi da considerare in PSP che tendono alla formazione e addestramento del paziente o del caregiver, sono assai diversi rispetto a quelli che risaltano nei casi di consegna e/o di infusione domiciliare di medicinale.

Tuttavia, si può anzitutto osservare che le aziende che intendono approcciarsi a queste iniziative dovrebbero dotarsi di procedure interne dedicate per delineare i flussi e le fasi di valutazione e approvazione, avendo a mente il principio per cui “la funzione aziendale che ha la responsabilità decisionale del PSP non deve essere commerciale e opererà sotto la supervisione della funzione compliance dell’azienda”.

Tra gli elementi di spicco vi è poi il razionale del progetto, dal quale deve emergere il fondamento logico e scientifico del progetto stesso e che rappresenta, a mio avviso, un cardine anche rispetto a temi di compliance. Al razionale si accompagna la valutazione obiettiva delle finalità del programma rispetto ad alcuni elementi quali ad esempio: la pertinenza alla terapia, la congruità della prestazione resa, la proporzione della prestazione rispetto all’impatto della terapia e alla sua durata. Si tratta evidentemente di elementi che rafforzano la corretta qualificazione del programma nell’ambito dell’assistenza sanitaria a beneficio del paziente che è il solco inciso a livello etico e deontologico al di fuori del quale si rischia di sconfinare in terreni che potrebbero essere egualmente percorribili, ma applicando regole diverse. Si pensi, ad esempio, al tema dell’acquisizione di dati attraverso un PSP, che è ammissibile nei limiti in cui abbia una valenza di verifica del gradimento e dell’efficacia (anche scientifica) dell’iniziativa, mentre incontrerebbe delicatezze qualora sconfinasse nell’ambito di uno studio che richiederebbe notoriamente l’applicazione di norme specifiche.

Non meno importante è la definizione dei ruoli dei diversi soggetti coinvolti nei PSP attraverso la sottoscrizione di appositi contratti che delineino le competenze, gli adempimenti e le connesse responsabilità di ciascuno.

Dovranno poi essere attentamente soppesati i contenuti dei materiali divulgativi del progetto per escludere che possano “travisare” le finalità perseguire e creare malintesi su aspetti promozionali o di induzione alla prescrizione dei medicinali (l’assenza di intento promozionale deve essere “bi-direzionale”, ossia non solo nei confronti del paziente, ma anche degli operatori sanitari coinvolti).

Altro profilo che può meritare una riflessione è la corretta qualificazione giuridica dei software, che eventualmente vengono utilizzati nell’ambito di un PSP, verificando, in particolare, se rientrino o meno nella definizione di dispositivo medico. Al riguardo, occorre tenere conto delle disposizioni del Regolamento 2017/745/UE (cd. MDR), in tema di dispositivi medici, applicabili a partire dal 26 maggio 2021, che ampliano il novero di prodotti – tra cui appunto i software (cd. SaMD) – classificabili come “accessori di dispositivi medici”, con conseguente applicazione del MDR.

Infine, tenuto conto che talvolta i PSP prevedono lo svolgimento di prestazioni sanitarie a domicilio, non possiamo non ricordare la recente innovazione legislativa di cui all’art. 1, co 406, lett. a), l. 178/2020, che subordina ad autorizzazione sanitaria l’“erogazione di cure domiciliari”. La fase di attuazione di tale disposizione è stata avviata dall’intesa Conferenza Stato-Regioni il 4 agosto 2021, che assegna alle Regioni/Provincie Autonome un termine di 12 mesi per il completamento/adeguamento della disciplina a livello locale. Al momento, non è agevole prevedere se e come tale norma possa incidere sull’organizzazione e gestione di un PSP, ma è auspicabile che maggiori chiarimenti possano derivare proprio dai provvedimenti attuativi sopra richiamati.

È possibile raccogliere i dati che provengono dalle attività del PSP?

Riguardo al tema della raccolta dei dati si esprime il già ricordato art. 4.7 Codice deontologico di Farmindustria secondo cui “i dati raccolti nel PSP devono essere utilizzati solo per finalità di supporto ai pazienti. L’eventuale uso per altri scopi deve essere separatamente contrattualizzato, nel rispetto della normativa vigente”. Per “dati raccolti nel PSP”, specifica Farmindustria, si intendono anche eventuali survey relative al gradimento del servizio, che secondo il percorso prospettato dall’Associazione andrebbero somministrate direttamente dalla società di servizi o da un suo incaricato, previa adeguata informativa al paziente in relazione al fatto che tali dati, in forma aggregata e anonima, saranno comunicati all’azienda che supporta economicamente il PSP.

Pertanto, assumendo che la raccolta di dati nell’ambito di un PSP si inquadri nelle finalità di assistenza sanitaria a beneficio del paziente, non si può escludere affatto la possibilità di un diverso impiego di tali dati, purché sia delineato un percorso coerente lungo un impianto – anche contrattuale – che individui chiaramente gli scopi, le modalità di acquisizione e di utilizzo degli stessi, nel rispetto della normativa vigente (ciò anche per quanto concerne l’eventuale pubblicazione).

In proposito, assume particolare rilievo il tema del trattamento dei dati personali, essendo essenziale determinare i “ruoli” dei diversi soggetti coinvolti. Ciò comporta la necessità di una contrattualizzazione anche dal punto di vista della tutela dei dati personali: dovrà essere valutato il ruolo di ogni soggetto che prende parte al trattamento dei dati personali nell’ambito del PSP per individuare correttamente il titolare del trattamento (ed eventualmente il ruolo di contitolare), chi debba essere nominato responsabile del trattamento, se vi siano soggetti autorizzati al trattamento ed eventuali destinatari terzi.

Un altro aspetto rilevante è l’individuazione della base giuridica per il trattamento dei dati personali (ossia l’individuazione della condizione che legittima il trattamento). A tal fine, sovviene il provvedimento del Garante privacy del 7 marzo 2019, secondo cui solo i trattamenti di dati personali necessari al perseguimento delle finalità determinate ed esplicitamente connesse alla cura della salute possono essere effettuati in assenza del consenso dell’interessato e ricondotti alla base giuridica “per finalità di cura” di cui all’art. 9, par. 2, lett. h), del GDPR (Reg. UE 2016/679). Diversamente, ogniqualvolta il trattamento riguardi, solo in senso lato, la cura, ma non sia ad essa strettamente necessario (come nel caso dei PSP) occorre individuare una distinta base giuridica, quale, eventualmente, il consenso dell’interessato.

 

 

Intervista a Valeria Quintily, Project & Scientific Manager di LS Academy

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Diffondere know-how e accrescere conoscenze scientifiche a tutti i livelli: è questa la mission di LS Academy. Ne parliamo con Valeria Quintily, Project & Scientific Manager, che sottolinea l’importanza dei PSP nei corsi di formazione.

La vostra mission è quella di contribuire a diffondere il know-how e accrescere le conoscenze scientifiche a tutti i livelli, come si inserisce la formazione PSP – specific in questo quadro?

LS Academy organizza corsi di formazione tecnico-scientifici per i professionisti del settore farmaceutico, dei dispositivi medici e/o dei prodotti medici correlati che operano nell’industria, nelle CROs, nel settore sanitario e della ricerca clinica.

Il profilo professionale a cui si rivolge si occupa di ricerca e sviluppo, produzione e commercializzazione di farmaci e dispositivi medici.

I Patient Support Program costituiscono un insieme di servizi rivolti ai pazienti e finalizzati a supportarli nella gestione della patologia e della relativa terapia, incrementando l’aderenza ai percorsi assistenziali, in definitiva migliorando la cura e la qualità di vita dei pazienti. Conoscerli e capire come mettere in pratica PSP efficaci costituisce quindi un arricchimento delle competenze professionali con ricadute positive per i pazienti pur rimanendo nell’ambito di sviluppo del business. Ecco perché rientrano nel nostro calendario formativo.

Unmet needs, patient journey, stakeholder maps, questi concetti chiave che riguardano i PSP possono considerarsi consolidati o rappresentano ancora una novità per i vostri clienti?

I PSP esistono da più di un decennio, ma negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza del ruolo sempre più strategico che i PSP rivestono all’interno del modello di business dell’industria pharma e medical device. In concreto, stanno entrando a far parte dei nuovi modelli assistenziali in grado di garantire la sostenibilità del sistema sanitario.

Pur conoscendone l’esistenza e l’importanza, ci accorgiamo che c’è ancora molto spazio per parlare di PSP ai nostri clienti, in termini di strategia, di figure professionali interessate e soprattutto di quali azioni intraprendere, quali evitare e come mettere in pratica un PSP perché possa conseguire i risultati prefissati

Quali sono le regole per offrire una formazione di qualità in un settore complesso come quello della salute?

La regola principale a cui LS Academy si ispira è che il docente sia un esperto nello specifico ambito di formazione. La nostra proposta formativa non si basa sulla trasmissione di informazioni, ma è condivisione di esperienze personali pratiche, portate avanti in prima persona dall’esperto.

I nostri docenti non sono formatori di mestiere, hanno radici consolidate nel lavoro in ambito scientifico che poi vengono estese alla formazione.

Per garantire la qualità del servizio, oltre alla selezione del docente è fondamentale anche tutta la parte organizzativa che viene svolta dal nostro team, puntuale, preciso e attento alle esigenze del cliente.

Human centered design in sanità: i cultural probes

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In maniera sempre più frequente e strutturata la creazione di servizi e campagne per i pazienti parte dalla loro osservazione e ascolto. Interviste etnografiche, focus group, osservazioni partecipanti sono tecniche del patient experience design che risultano fondamentali per collezionare informazioni sui bisogni, i pain points della journey.

Le cultural probes si inseriscono nel quadro dello human centered design e offrono un vantaggio rispetto ai metodi precedentemente citati: permettono di misurare l’interazione del paziente real time, senza la mediazione e la presenza del ricercatore.

Raccogliere informazioni in maniera informale e interattiva

Possiamo considerare i cultural probes come sorte di diari di bordo che vanno oltre le parole e viaggiano su canali differenti.

Generalmente questa tecnica prevede l’invio agli interessati di un kit che può contenere oggetti (post it per annotare, cartoline, una macchina fotografica, degli stickers, una penna) o semplicemente delle istruzioni qualora le attività si svolgano online.

Non ci sono limiti al materiale da inserire in un kit, che può comprendere qualsiasi cosa aiuti a raccogliere informazioni in maniera informale e creativa, nella scelta degli strumenti è fondamentale tenere conto delle tipologie di persone a cui è destinato il kit e lo scenario in cui questo si colloca.

Alla base della creazione di questi strumenti le domande guida rimangono:

  • cosa, quando dove, perché, chi e come
  • come stanno interagendo gli utenti?
  • quali sono le emozioni che guidano le scelte e le azioni?

Le cultural probes scatenano un’ottima reazione iniziale perché giocano su una risposta emozionale immediata legata alla sorpresa e alla creatività, ma hanno bisogno di essere gestite in seguito in maniera molto attenta. Il tempo di somministrazione può variare da qualche settimana fino a un massimo di un mese.

Cultural probes nell’ healthcare

Analizzare lo stato d’animo di un paziente allo start di una terapia, cercare di comprendere meglio come si informa, quali sono i pain points che riguardano la quotidianità, come lo spazio e gli elementi che lo circondano siano in grado di condizionare il suo rapporto con la malattia.

Se strumenti come le interviste o le osservazioni risultano estremamente efficaci nell’ambito del patient experience design, le cultural probes presentano un ulteriore elemento a favore: tutte le action che il paziente è chiamato a fare non prevedono alcuna mediazione del ricercatore, questo permette di raccogliere dati senza il rischio di influenze esterne. Compilare un diario, rispondere a stimoli digitali, fotografare oggetti, spazi o persone sono attività che possono essere svolte in maniera autonoma, il paziente sceglie il dove, il come e il perché.

Questi strumenti, basandosi su una interazione che ha bisogno di mantenersi costante per tutta la durata della ricerca, presentano una criticità: non sempre sortiscono i risultati qualitativi sperati. È possibile che il paziente abbandoni le interazioni con il kit, per questo è fondamentale stabilire il giusto slot temporale per la ricerca e creare il giusto mix di attività analogiche e digitali e una serie di appuntamenti di contatto per verificare che le attività si stiano svolgendo.

Il digitale facilita l’interazione dei partecipanti: una volta stabiliti i task delle cultural, queste possono essere facilitate da strumenti mobile. La macchina fotografica usa e getta può essere sostituita della fotocamera del telefono, il diario cartaceo da una nota nel telefono, una serie di immagini di carta possono tramutarsi in fotografie mandate in una chat.

Intervista a Carlotta Galeone, biostatistica e real world consultant

real world evidence

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L’utilità dell’impiego dei Real World Data nell’healthcare e il ruolo dei PSP: approfondiamo questi argomenti con Carlotta Galeone, Biostatistica e Real World Consultant, che ha risposto alle nostre domande.

Si parla spesso di Real World Data e dell’utilità del loro impiego, ma dalla sua esperienza quali sono i benefici effettivi di avviare progetti basati su tale approccio?

Le evidenze provenienti dalla pratica clinica (la così detta Real World) sono fondamentali poiché testano come un trattamento approvato sulla base di evidenze solide (provenienti spesso da studi clinici randomizzati) su pazienti selezionati e in setting molto controllati, sia efficace su popolazioni più ampie e non selezionate. Non sempre i risultati positivi di un trattamento osservati nella fase sperimentale vengono facilmente traslati nella RW.

Quali sono le problematiche che ha trovato maggiormente nell’ambito di progetti basati su dati di RW?

La prima problematica che maggiormente si trova in questo ambito di ricerca è la non pianificazione dei progetti, soprattutto quando i dati sono già disponibili (studi retrospettivi). Partendo da un obiettivo di ricerca è fondamentale valutare se le fonti di dati RW a disposizione sono idonee a rispondere al quesito. Se così fosse, l’applicazione di metodi statistici avanzati (come i modelli multivariati) porteranno a conclusioni solide.

La seconda problematica è l’accesso al dato ma con una buona pianificazione dello studio e la stesura di un protocollo questo aspetto è spesso superabile, soprattutto per gli studi prospettici.

A suo avviso i PSP generano dati di RW che potrebbero generare valore qualora fossero pubblicati?

All’interno di un PSP ben strutturato e pianificato è possibile, anzi auspicabile, raccogliere dati per descrivere le popolazioni di pazienti nella RW. Più ambizioso, ma molto interessante, è testare delle ipotesi sull’efficacia di alcuni tipi di PSP su vari aspetti del paziente come il miglioramento di outcome clinici o della qualità della vita. Si può anche pianificare di misurare l’impatto organizzativo del PSP sia a livello micro del singolo paziente che a livello macro sul Sistema Sanitario. L’importante è pianificare bene tutte queste attività e analizzare i dati con i metodi statistici propri della RW.