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L’auditing interno è uno strumento volontario, di controllo, che consente alle aziende di migliorare la propria offerta a partire dalle procedure e di applicare, dove necessario, correzioni. Scegliere di dotarsi di audit interni significa ottenere un approccio, sempre più sistematico e disciplinato, di valutazione e perfezionamento dei processi di gestione e controllo in conformità ai criteri di riferimento. Tali criteri sono raggruppabili in due macro categorie: i requisiti propri dell’organizzazione e i requisiti della norma internazionale. A quest’ultima categoria appartengono:
- gli standard generici
- i GxP, linee guida e normative specifiche di un determinato settore
- le certificazioni ISO, standard di gestione internazionale
Per chi opera nel mondo della ricerca clinica è inoltre fondamentale la compliance ai GDocP, Good Documentation Practices in Clinical Research. Si tratta di linee guida per la registrazione, gestione e archiviazione in maniera completa, accurata, attendibile e verificabile di tutti i dati di una sperimentazione clinica. I GDocP sono alla base dell’implementazione di un buon sistema di qualità e sono essenziali per assicurare l’adesione ai due fondamenti delle Good Clinical Practice (GCP): la tutela del paziente che prende parte allo studio clinico e l’attendibilità dei risultati dello studio stesso.
Ispirandosi ai criteri standardizzati dei GDocP e alla luce delle possibilità correttive offerte dagli auditing interni, le aziende provider di patient support possono trovare nuove modalità di organizzazione e gestione sistematica della documentazione. Ciò rende oggettiva la promessa fatta dai provider ai propri mercati di riferimento: i clienti, i pazienti, gli healthcare professionals e gli enti.
Formarsi alla standardizzazione dei processi
Secondo una definizione dell’European Medicines Agency (EMA), nell’ambito della ricerca clinica per documentazione si intendono «tutti i record, in qualsiasi forma (inclusi, ma non limitati a, scritti, elettronici, magnetici e ottici registrazioni e scansioni, raggi X ed elettrocardiogrammi) che descrivono o registrano i metodi, la condotta, e/o risultati di una sperimentazione, i fattori che influiscono su una sperimentazione e le azioni intraprese». Quando si parla di documentazione clinica si fa riferimento a due macro gruppi:
- La Documentazione che descrive cosa, come, dove, quando, da chi e perché vengono compiute determinate azioni (GCP, requisiti regolatori, SOP, Protocollo);
- La Documentazione che registra cosa, come, dove, da chi e perché vengono compiute determinate azioni (Case Report Form (CRF/eCRF), Source Document e tutta la documentazione prodotta in uno studio clinico).
Per le aziende provider di servizi che decidono di applicare le GDocP risulta necessario formare tutte le figure coinvolte nella produzione della documentazione: Program Manager (PM), Lead Nurse (LN), Territory Manager (TM), Infermieri, Pharmacovigilance Responsible (PVR). Solo grazie alla formazione e alla conoscenza delle azioni da compiere si creano le fondamenta per la standardizzazione dei processi relativi alla documentazione e per la produzione di dati complianti con i criteri di qualità. Le caratteristiche di tali dati, secondo EMA, sono riassunti dall’acronimo ALCOA ++:
A – Attribuibili. I dati dovrebbero essere attribuibili alla persona che li ha generati (includendo eventuali revisioni) e riconducibili al sistema/dispositivo in cui sono stati generati/conservati.
L – Leggibili. I dati dovrebbero essere mantenuti in una forma leggibile per consentirne la revisione nel contesto originale. Pertanto, le modifiche ai dati, come la compressione, la crittografia e la codifica, dovrebbero essere completamente reversibili.
C – Contemporanei. I dati dovrebbero essere generati da un sistema o acquisiti da una persona al momento dell’osservazione. Le informazioni sulla data di osservazione e sulla data del salvataggio dovrebbero essere conservate come parte dei metadati e acquisite automaticamente, per esempio da un server centrale.
O – Originali. I dati dovrebbero essere mantenuti nella versione originale della prima osservazione. Solo le copie certificate possono sostituire i dati originali.
A – Accurati. L’uso di sistemi informatici dovrebbe garantire che i dati siano accurati tanto quanto quelli registrati su supporto cartaceo. Il processo di codifica, che consiste nell’abbinare testo o dati raccolti sul CRF, dovrebbe essere controllato. Il processo di trasferimento dei dati tra i sistemi dovrebbe essere convalidato per garantire che i dati rimangano accurati. I dati dovrebbero essere una rappresentazione accurata delle osservazioni fatte.
C – Completi. Per ricostruire e comprendere appieno un evento, i dati dovrebbero essere una rappresentazione completa dell’osservazione effettuata e dovrebbero essere rappresentati nel contesto originale e nei metadati associati.
C – Coerenti. Dovrebbero essere in atto processi per garantire la coerenza della definizione, generazione/acquisizione e gestione (compresa la migrazione) dei dati durante il loro intero ciclo di vita. Dovrebbero essere implementati processi per ridurre al minimo il rischio di incoerenze, per esempio mediante l’uso della standardizzazione, della convalida dei dati e di una formazione adeguata.
D – Duraturi. I dati dovrebbero essere conservati in modo appropriato per restare intatti e durevoli durante il loro intero ciclo di vita.
D – Disponibili quando necessari. I dati dovrebbero essere conservati per essere prontamente disponibili per la revisione quando necessario.
T – Tracciabili. I dati dovrebbero essere tracciabili durante il loro intero ciclo di vita. Eventuali modifiche dovrebbero essere tracciabili, non dovrebbero oscurare le informazioni originali e dovrebbero essere spiegate, se necessario.
«Aderire alle GDocP per un provider di servizi in healthcare significa poter fornire ai propri clienti i migliori standard per garantire che tutte le informazioni raccolte all’interno dei progetti in essere siano correttamente gestite fornendo così un servizio ad alto valore aggiunto ed evitando fraintendimenti tra le parti. Inoltre una corretta gestione della documentazione riduce la possibilità di incorrere in finding durante gli audit da terze parti». Giuseppe Imperato, Quality&PV Operation Referent HNP.
Da inizio 2022, HNP, nell’ottica di un miglioramento continuo dei processi interni, ha implementato tutte le attività relative alle GDocP per creare standard condivisi sulla gestione, organizzazione ed eventuale correzione della documentazione.
PATIENT EXPERIENCE DESIGN: INTERVISTA AL PROFESSOR PIERGIORGIO DEGLI ESPOSTI

Tempo di lettura: 3 minutiCostruire soluzioni che tengano conto delle unicità dei pazienti e delle loro esigenze, che sappiano cogliere le peculiarità di ogni needs per tradurlo in soluzioni di valore. In tre parole: patient experience design. Ne abbiamo parlato con Piergiorgio Degli Esposti, PhD in Sociologia e Politiche Sociali, professore associato presso il Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia SDE dell’Università di Bologna.
Il nuovo approccio al paziente tende sempre di più a considerarlo come un prosumer con le sue scelte e le sue varie aree di interesse indipendentemente dalla patologia. Che riflesso ha questo aspetto sulla ricerca?
Nell’era del patient empowerment, che fornisce alle persone gli strumenti per prendere decisioni migliori per il loro benessere, si sono moltiplicate le soluzioni alternative alla cura di una patologia spostando il focus dell’attenzione scientifica sempre più nella direzione del prosumer (produttore/consumatore). La ricerca sociologica nello specifico ormai da anni utilizza questo nuovo criterio di analisi per comprendere la complessità dei fenomeni e delle dinamiche sociali. Il prosumer è un utente informato (conosce il prodotto), critico (confronta, valuta e ragiona prima dell’acquisto), esigente, originale (cerca di rendere unico il prodotto di massa) e partecipativo (contribuisce alla creazione del prodotto). In questa nuova veste maggiormente informata e attiva nel proprio processo di cura, il prosumer compie scelte più responsabili in merito alla propria salute diventando un consumatore delle informazioni promosse dai brand su servizi e prodotti. I processi decisionali del prosumer si creano principalmente attraverso la consultazione dei canali social e per mezzo della tecnologia grazie alla reperibilità di informazioni on demand, la disponibilità continua delle fonti e la semplicità di accesso. Per tale motivo, diventa sempre più necessario lo sviluppo di modelli e progettualità basati sia sull’osservazione dei bisogni delle persone sia sul coinvolgimento della tecnologia.
Per disegnare progetti su misura dei pazienti, che sono prima di tutto persone, occorre dunque anzitutto analizzare i loro bisogni. Quali sono le principali tecniche di analisi per lavorare efficacemente in questa direzione?
Fare ricerca con le persone rappresenta sempre una sfida coinvolgente ed estremamente complicata. La possibilità di cucire settorialmente su pazienti servizi efficaci passa in primo luogo attraverso la comprensione delle loro soggettività, le loro paure, le loro problematiche specifiche; in modo tale da poter offrire servizi che appunto comprendano la loro complessità ed unicità. Pensare il paziente prima di tutto come una persona è il primo ed essenziale elemento da prendere in considerazione per cogliere la complessità dei loro bisogni; per farlo, prima di tutto è necessario riscoprire la capacità di ascolto e di interazione con l’altro, in maniera sincera ed empatica. In un’epoca come la nostra il massimo del valore si ritrova nel dialogo, nella comprensione, nell’ascolto e nel coinvolgimento. Pertanto gli strumenti come l’intervista in profondità, il focus group o il word cafè, solo per citarne alcuni, sono indubbiamente i migliori per cucire sartorialmente il miglior servizio possibile.
Patient experience design: quanto valore genera l’analisi qualitativa dei bisogni rispetto alla creazione di servizi healthcare?
La nostra realtà è colma di informazioni quantitative di ogni genere, al punto che un fenomeno pare avere significato soltanto se quantificabile numericamente. Questo tipo di approccio, che oggi vede la sua massima rappresentazione nei cosiddetti Big Data, o impronte digitali che lasciamo tutti nelle nostre interazioni tra realtà fisica e spazi digitali tende però a fornire una visione ultra specifica ma poco profonda (si chiamano appunto big e non deep) dei fenomeni. L’utilizzo di strumenti di analisi qualitativa, come appunto la PED, sono in grado di restituire un enorme valore nella ricerca. Grazie appunto alla profondità delle informazioni raccolte e la comprensione delle motivazioni che sostengono i bisogni degli utenti è possibile costruire sofisticati servizi healthcare, che tengano in considerazione la complessità e le sensibilità di coloro che poi ne saranno i fruitori.
CHATGPT SI FA STRADA NEL COPYWRITING SCIENTIFICO

Tempo di lettura: 3 minutiQuando gli chiedi chi è, lui risponde: «Sono un programma di intelligenza artificiale progettato per aiutare a rispondere a domande e fornire informazioni su una vasta gamma di argomenti. In qualità di AI, sono in grado di elaborare e analizzare grandi quantità di dati e posso fornire risposte a domande e domande sulla base delle informazioni su cui sono stato formato. Non ho sentimenti o preferenze personali e sono qui per fornire informazioni e assistenza al meglio delle mie capacità».
ChatGPT, acronimo di Chat Generative Pre-trained Transformer, è stato sviluppato da poco (a novembre 2022 da OpenAI e finanziato da Microsoft sulla base dell’infrastruttura cloud Azure) ma ha già conquistato un successo planetario. Il motivo? È attivabile gratuitamente su https://chat.openai.com e grazie alle sue solide basi di intelligenza artificiale e machine learning è stato addestrato su un’enorme quantità di materiali scientifici e tecnici. Tanto da suscitare l’attenzione del mondo accademico e non solo. ChatGPT, in qualità di chatbot, si esprime normalmente con il testo ed è in grado di fornire un livello di conversazione al pari di un umano, anzi di un fine intellettuale onnisciente. È capace di comprendere e intrattenere interazioni scritte anche molto complesse con gli utenti e sa scrivere abstract e articoli scientifici talmente verosimili da confondersi con gli autori più accreditati. Un vero e proprio copywriter artificiale che ha competenze di ricercatore, divulgatore, marketer e qualche altra decina di professionalità.
L’app scrive e firma articoli
La rivista infermieristica Nurse Education in Practice, pubblicata da Elsevier, ha introdotto ChatGPT tra i suoi autori, assegnandogli un’email e un numero identificativo. Con il suo ingresso in redazione, il chatbot ha firmato un articolo scritto a quattro mani con ə Prof. Siobhan O’Connor dell’Università canadese Western. Il testo, che si avvale del bagaglio di conoscenze di unə docente e del mix di competenze dell’apprendimento supervisionato e dell’apprendimento per rinforzo del chatbot, prende il titolo di Open artificial intelligence platforms in nursing education: tools for academic progress or abuse?. L’articolo, non a caso, tratta il tema dell’intelligenza artificiale nella formazione infermieristica, soffermandosi sull’annosa questione dell’AI come strumento di progresso accademico o come fonte di abusi e fakenews.
L’impatto sulla società
È vero, i risultanti sorprendenti delle ricerche condotte da ChatGPT hanno attirato l’attenzione della comunità scientifica per i possibili risvolti sulle pubblicazioni e anche la comunità finanziaria vede interessanti opportunità di investimento. Al punto che, nel 2019, Microsoft ha investito un miliardo di dollari in OpenAi e, secondo l’agenzia Bloomberg, sarebbe pronta a mettere altri 10 miliardi di dollari. Tuttavia gli esperti di AI invitano alla cautela, soprattutto in tema di disinformazione. Perché un aspetto distintivo di Chat GPT è proprio quello di presentare agli occhi dell’utente un testo corretto dal punto di vista sintattico, grammaticale e verosimile per quello che riguarda i contenuti, tanto da trarre facilmente in inganno i meno esperti. C’è poi da considerare che Chat GPT ha un dataset che si ferma al 2021 e che, quindi, è molto meno preciso sugli eventi accaduti a questa altezza cronologica. Inoltre il chatbot è in grado di generare testi sulla base di modelli assorbiti grazie a enormi quantità di dati raccolti dal web. Spesso, dunque, prima di ottenere il contenuto desiderato occorre procedere per prove ed errori. D’altronde è pur sempre un prototipo e gli sviluppatori stanno lavorando per migliorare l’autorevolezza dei contenuti tramite versioni del software più efficienti. Serviranno pertanto figure in grado di monitorare la performance dei modelli, insegnando loro dove stanno sbagliando e correggendone la rotta, cosicché questi algoritmi diventino un vero asset per le nostre società.
Uno strumento collaborativo per migliorare l’healthcare
I risultati ottenuti fino a questo momento lasciano ben sperare sul miglioramento dell’AI e di ChatGPT e sul loro impiego nell’healthcare. Ciò che occorre è la collaborazione da parte di accademici, clinici e professionisti sanitari. Queste figure possono infatti contribuire all’addestramento degli algoritmi di intelligenza artificiale rilevando e classificando determinati modelli di dati che riflettono il modo in cui il linguaggio viene effettivamente utilizzato nel settore sanitario. Tramite l’NLP (natural language processing, elaborazione del linguaggio naturale) gli algoritmi di AI possono isolare dati significativi restituendo informazioni professionali attendibili a pazienti e operatori sanitari con risposte personalizzate su larga scala. Cosa dobbiamo dunque aspettarci in un futuro non troppo lontano? Certamente l’IA sarà embeddata nella maggior parte dei servizi di produttività personale – come il pacchetto di Microsoft Office – e di utilizzo della rete e migliorerà la comunicazione tra uomo e macchina in molti campi di applicazione, incluso quello del copywriting scientifico. Va però riconosciuto che questi sistemi non potranno sostituire completamente la conoscenza umana che si avvale di molti altri modi e sensi per esprimersi e produrre: pensiamo al tone of voice e all’identità verbale che rende un contenuto o un brand unici e distintivi. L’abilità di utilizzo delle chatbot starà nell’avvalersene con perizia, verificandone l’apporto e subordinandolo ad attività, inclusa la scrittura di testi, che non richiedano empatia e approfondimento.
Il Metaverso si apre al primo avatar emofilico

Tempo di lettura: 3 minutiHELENE12: Perché sei fermo qui da giorni?
I_EM: Perché ho l’emofilia e dicono che non posso muovermi.
PAULINE_CC: Ed è vero?
I_EM: Sono gli altri che la pensano così.
HELENE12: Quindi non sei realmente bloccato?
I_EM: No, se vuoi ti spiego.
ROCKJACK: Volentieri. Andiamo a passeggiare intanto?
I_EM: Anche a correre, se vuoi!
Milioni di persone oggi vivono nel Metaverso, muovendosi, giocando, interagendo e sperimentando la libertà. Da qualche tempo questo spazio virtuale tridimensionale che si sovrappone al mondo fisico della vita reale, tramite la piattaforma The Nemesis ha aperto le porte a I_EM. Parliamo del primo avatar con emofilia che, inizialmente bloccato dalle paure degli altri, comincia a muoversi, interagire e farsi conoscere dai suoi coetanei ribaltando, attraverso la libertà virtuale, un pregiudizio reale. L’iniziativa di inclusione di I_EM è frutto di un progetto di comunicazione sociale, promosso e realizzato dall’agenzia BB&C Group con la collaborazione delle associazioni di pazienti Fondazione Paracelso e A.C.E. Milano. Grazie a questo progetto il mondo health si cala virtualmente nei panni di chi è affetto da una malattia rara come l’emofilia, caratterizzata dalla carenza di uno specifico fattore della coagulazione. Si tratta di un esperimento che amplia il raggio di innovazione tecnologica della medicina, dove già da tempo si adottano soluzioni basate su realtà virtuale, realtà aumentata e intelligenza artificiale. Facciamo qualche esempio. I nuovi sistemi tecnologici consentono, per esempio, di effettuare terapie fisiche, trattare lo stress post-traumatico legato a una patologia oppure offrire un approccio personalizzato. In questo modo vengono garantiti un recupero più efficace e una personalizzazione del supporto, dell’assistenza e del monitoraggio a pazienti e caregiver. Con The Nemesis e il Metaverso tutti questi strumenti rafforzano la loro carica comunicativa diventando immediati e utilizzabili da tutti. Perché? Si abbattono le barriere d’ingresso. Per connettersi bastano infatti uno smartphone, un pc e un collegamento internet, mentre il visore è necessario solo per chi desidera un’esperienza ancora più immersiva.
Oltre il pregiudizio
Il Metaverso di The Nemesis ci fa comprendere quanto il settore salute sia interessato a dare visibilità e collocare nella giusta prospettiva le malattie rare e, nel caso specifico, l’emofilia. L’iniziale immobilità e assenza di interazione di I_EM è una voluta provocazione nei confronti deə altrə, in questo caso avatar, a conoscere le reali implicazioni e le concrete possibilità di unə emofilicə, che è in grado di stabilire relazioni e vivere esperienze. La clip che lancia I_EM e invita a incontrarlo su The Nemesis recita: «godersi la vita è possibile per chi oggi ha l’emofilia», esortando la comunità reale e virtuale a «muoversi assieme oltre i pregiudizi». Sappiamo infatti quanto sia importante per ə pazienti e per i loro familiari portare l’attenzione sul tema coinvolgendo non solo la comunità scientifica. Per far acquisire consapevolezza su cosa significhi essere emofilici occorre sensibilizzare la società e in particolare il pubblico più giovane stimolando la curiosità con gli strumenti e i canali più consoni (i social network, la rete e il gaming). Tramite I_EM si tenta dunque di dare risposte concrete a domande complesse. Cosa significa per un ragazzo essere affetto da emofilia? Come affronta il mondo e il rapporto con i suoi coetanei?
Il ruolo dell’healthcare
L’emofilia inficia la corretta coagulazione del sangue, ma non la libertà delle persone che ne sono affette. Ecco perché è importante analizzarne i bisogni e offrire soluzioni che consentano di sviluppare una maggiore consapevolezza e accettazione della propria malattia. L’approccio scientifico multidisciplinare da dedicare alle persone affette da malattie rare come l’emofilia dovrebbe offrire tutta una serie servizi. Parliamo di servizi informativi, di counselling, di risoluzione delle criticità e di sostegno psicologico. Chi vive sulla propria pelle il burden of disease e chi, come i familiari, vive di riflesso la patologia, ha bisogno di superare tante difficoltà durante tutto il percorso di cura. Ecco perché occorre anzitutto analizzare i bisogni. Ciò permette il design di progetti che garantiscono aə pazientə risposte concrete sul percorso da intraprendere per ottenere la diagnosi corretta, la terapia appropriata e la continuità assistenziale. In questo modo si rafforza il concetto di cura globale che coinvolge strutture, centri, specialisti, territorio e associazioni di pazienti.
Intervista al Professor Dionisi Vici sull’importanza del supporto nelle malattie metaboliche

Tempo di lettura: 3 minutiIntorno alle malattie metaboliche ereditarie si sviluppano competenze trasversali che uniscono i professionisti sanitari coinvolgendo provider di servizi, associazioni di pazienti e pharma.
Tutti questi stakeholders saranno protagonisti del XII Congresso Nazionale SIMMESN (Società Italiana per lo studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale) che si terrà a Bari il 9-10-11 novembre 2022. Ne abbiamo parlato con il Professor Carlo Dionisi-Vici, Responsabile U.O.C. di Malattie Metaboliche, Dipartimento di Pediatrica Specialistica, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Cosa rappresenta SIMMESN?
Ogni anno, in occasione del Congresso, noi operatori medici abbiamo la consuetudine di scambiarci informazioni e novità sulla cura e la diagnosi delle malattie metaboliche. Ciò che sta sempre di più emergendo è l’opportunità di considerare nuovi modelli organizzativi che possano per esempio riguardare l’impiego di provider healthcare che supportino le attività diagnostiche e di screening inerenti i pazienti affetti da malattie metaboliche organizzando percorsi che possano mettere in comunicazione Centri periferici e Centri di riferimento per ottimizzare la qualità dei servizi.
Ascoltare i bisogni dei pazienti è fondamentale per ridurre il loro burden of disease, ancora di più quando si tratta di malattie rare. Cosa significa, nella sua esperienza, prendere in carico persone con patologie metaboliche e bisogni assistenziali complessi?
Per un medico, avere di fronte un paziente con una malattia metabolica e bisogni assistenziali complessi non è solo un atto di responsabilità professionale: l’intero percorso di un malato con una malattia rara metabolica è molto complesso e difficile per cui è prioritaria la necessità di condividere l’impatto emotivo e, soprattutto quando si tratta di bambini, con la famiglia con cui si viene a stabilire quella che viene definita l’alleanza terapeutica nel momento della comunicazione della diagnosi. Fatta questa premessa, un Centro di malattie metaboliche ha assolutamente bisogno, per prendere in carico bisogni assistenziali complessi, di un team multidisciplinare che non si limiti a offrire un percorso strettamente sanitario e che valorizzi la comunicazione come momento di condivisione tra medico e paziente.
Quanto è importante, nell’ambito di una patologia metabolica, offrire al paziente un programma di supporto che garantisca il monitoraggio costante, magari eseguito a domicilio?
A mio avviso c’è ancora molta strada da fare, ma in questi anni è stato tracciato un solco attraverso l’offerta della domiciliazione delle terapie che consentono ai pazienti di non rivolgersi più alla struttura ospedaliera per eseguire, per esempio, cicli di trattamento che prevedono la somministrazione endovenosa di farmaci per ore, con tutto il disagio e il dispendio di tempo che comporta. Inoltre, laddove c’è la possibilità di eseguire le terapie o il monitoraggio a domicilio, avvalendosi di piattaforme di telemedicina, si evita al paziente lo spostamento verso la struttura ospedaliera.
Ritiene che stabilire una partnership con un provider di servizi in ambito healthcare possa agevolare i Centri Clinici nella gestione, più semplice ed efficace, delle attività di screening, referral e follow up dei pazienti?
Certamente: gestire un service diagnostico o di screening attraverso un provider di servizi consente di ottimizzare, semplificare e velocizzare il processo organizzativo. Il provider può infatti farsi carico sia dell’aspetto logistico, legato all’esecuzione di esami di laboratorio complessi che prevedono il prelievo, l’invio o la conservazione del campione prelevato, sia dell’aspetto comunicativo e di intermediazione svolto con i Centri periferici e con il territorio.
Quanto conta il supporto fornito ai Centri Clinici per gestire in maniera ottimale lo screening di una patologia metabolica per arrivare nel minor tempo possibile alla diagnosi e al tempestivo inizio della terapia?
Oggi, sempre di più si parla di screening nel campo delle malattie metaboliche, occorre però differenziare lo screening neonatale di popolazione, che consente di diagnosticare e curare la malattia sin dalle prime settimane di vita, dallo screening orientato, cioè quello basato su uno o più sintomi, che indirizzano verso la diagnosi. Entrambe le modalità di screening riducono i tempi dell’odissea diagnostica e consentono di avere una diagnosi precoce, di avviare tempestivamente le cure migliorando la prognosi. Il paradigma, dunque, che si può applicare a tutta la medicina è quello che include diagnosi precoce, inizio rapido della terapia, prognosi migliore. Non dimentichiamo poi che la diagnosi precoce, anche in una malattia non curabile rappresenta un valore aggiunto perché permette di accedere a un counseling genetico volto a far comprendere le conseguenze di una diagnosi di malattia genetica
Super App per una nuova user experience in ambito health

Tempo di lettura: 3 minutiL’healthcare è un sistema complesso composto da centinaia di interazioni e variabili. Con l’aiuto della tecnologia molte delle attività svolte all’interno di questo articolato sistema salute si sono digitalizzate ed evolute. Da un lato, dunque, il rapporto medicə-paziente si è adattato alle nuove grammatiche comportamentali imposte dalle tecnologie digitali, come per esempio Whatsapp, che attraverso la disintermediazione della relazione ha consentito aə pazientə di rivolgersi direttamente aə medicə. Dall’altro lato, la digitalizzazione del comparto medico-sanitario ha, in alcuni casi, dematerializzato il rapporto, eliminando per esempio la necessità della presenza fisica durante una visita e aprendo la possibilità di prestare servizi sanitari da remoto con l’utilizzo di app come Zoom o Google Meet. Fino ad oggi, dunque, abbiamo assistito prevalentemente al proliferare di app verticali pensate per svolgere al meglio una sola funzione, o per soddisfare un singolo use-case o una singola necessità deə utentə. App, insomma, che vivono intorno a un concetto semplice: raccogliere al loro interno quantə più utentə possibili per gestire milioni di dati personali e valorizzarli con la pubblicità, il marketing e la profilazione. Qual è allora una delle prossime sfide dell’eHealth? Tra le più interessanti c’è sicuramente quella delle Super App.
Di cosa si tratta?
Le Super App sono applicazioni mobili che offrono aə utentə una serie di servizi differenti, unendo le varie funzioni verticali tipiche delle app single use-case, all’interno della stessa applicazione. Nella sezione salute di una Super App l’utente può, per esempio, prenotare una visita specialistica, inviare il referto al proprio Medico di Medicina Generale, chiedere all’èquipe sanitaria il monitoraggio del percorso terapeutico o farmacologico, cercare o trovare informazioni sanitarie, chattare con altri utenti. Il tutto senza saltare da un’applicazione all’altra con un notevole miglioramento della propria user experience. Un piccolo assaggio delle potenzialità di una Super App è arrivato in Italia con la diffusione, dal 2020, di IO-l’app dei servizi pubblici – che ad oggi conta oltre 30 milioni di installazioni – con cui, attraverso un unico punto di accesso, è possibile interagire in modo semplice con i servizi pubblici locali e nazionali, direttamente dal proprio smartphone. In pratica con IO, ogni ente offre aə cittadinə i propri servizi in modo semplice e personalizzato, attraverso un’unica piattaforma, comune a tutte le amministrazioni. E sono già diverse le realtà locali, come Aziende Ospedaliere o Aziende Sanitarie Provinciali che, proprio su IO, offrono servizi di prenotazione di prestazioni assistenziali in regime SSN e ALP, consentono aə pazientə di ricevere il promemoria della prenotazione o di effettuare il pagamento della prestazione. In Italia, dunque, la sfida odierna è sviluppare modelli di Super App sempre più performanti ricreando vere e proprie città digitali dove si svolge la vita quotidiana deə utenti che spazia dall’acquisto di beni e servizi alla fruizione dell’assistenza sanitaria, al punto che siano gli stessi Clinici a usarla per mettersi in contatto con colleghə e Centri di ricerca dislocati in altre aree del globo per confrontarsi e scambiare esperienze, dati, studi scientifici e fare diagnosi complesse. In sostanza, l’obiettivo delle Super App sanitarie deve essere quello di generare un flusso di lavoro semplice e integrato per pazienti e fornitori creando un nuovo punto di incontro tra domanda e offerta.
I vantaggi per ə pazienti
Con le Super App tutto si semplifica. Non occorre per esempio scaricare, installare e gestire una serie di applicazioni e caricare più volte i propri dati personali perché questi vengono automaticamente condivisi tra le varie funzionalità, proprio come accade quotidianamente con i nostri account Google. Diventa inoltre più facile intercettare strutture e presidi territoriali, rafforzare l’assistenza domiciliare e remota e ricevere informazioni sempre più mirate rispetto al proprio profilo sanitario.
I benefici per le aziende fornitrici di prodotti e servizi
Per le aziende fornitrici di prodotti e servizi, le Super App offrono nuove possibilità di ricavi generati dalla pubblicità e dalla trasformazione dei dati in azioni di acquisto o di transazione economica. Sostituendo, inoltre, parte dell’assistenza healthcare “fisica” con quella digitale si ottimizzano risorse economiche e carico di lavoro per Centri Clinici e personale sanitario.
Network e progetti di sistema nel mondo sanitario: la nuova sfida

Tempo di lettura: 3 minutiLo scenario strategico del mondo sanitario è in continua evoluzione, ma con l’effetto congiunto della pandemia e dell’approvazione, nel 2021, del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) si prepara ad affrontare una vera e propria rivoluzione.
La salute diventa Missione
Con il PNRR, documento che descrive le modalità di investimento dei fondi europei destinati all’Italia illustrando i progetti da realizzare nell’arco di sei anni (dal 2021 al 2026, anno in cui si concluderà), la salute diventa una missione, la Missione 6.
L’obiettivo, che prevede uno stanziamento complessivo di 20,2 miliardi di euro, è promuovere la ricerca e l’innovazione scientifica, sviluppare le competenze professionali degli operatori della sanità e rimuovere le disparità territoriali che caratterizzano il Servizio Sanitario Nazionale. La missione si articola in due componenti:
In particolare, per migliorare le prestazioni erogate sul territorio si procederà con il potenziamento e la creazione di strutture e presidi territoriali (come le Case di Comunità, CDC, e gli Ospedali di Comunità, ODC), il rafforzamento dell’assistenza domiciliare (per raggiungere il 10% della popolazione con più di 65 anni, in particolare coloro che hanno patologie croniche o non sono autosufficienti), lo sviluppo della telemedicina e l’assistenza remota (con l’attivazione di 602 Centrali Operative Territoriali, COT), una più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari.
Il PNRR, dunque, è destinato a convertirsi in una leva strategica sia di erogazione di cure sempre più accessibili, integrate e personalizzate per il paziente sia di sviluppo di nuove forme di collaborazione tra gli attori pubblici e privati dell’ecosistema sanitario, promuovendo partnership tra Regioni, Asl, Aziende Sanitarie e Ospedaliere, Dipartimenti farmaceutici, presidi territoriali, Associazioni, società scientifiche.
Nuove opportunità per il pharma
In questo nuovo scenario, la riformulazione delle strategie di market access da parte delle aziende pharma diventa fondamentale per l’accesso, l’adozione e il riconoscimento del valore del prodotto farmaceutico e più in generale per il posizionamento come player all’interno del Sistema Sanitario. Si tratta, in sostanza, di cogliere l’opportunità dei fondi PNRR per instaurare delle partnership con il settore pubblico e attivare progetti di sistema ad hoc che mirino a costruire sul territorio degli efficaci modelli di gestione dei processi sanitari coinvolgendo tutti gli stakeholder del percorso di cura del Paziente: Medici di Medicina Generale, MMG, Specialisti ospedalieri, SO, e territoriali, ST, Farmacisti ospedalieri, FO, e territoriali, FT, ASL, Distretti Sanitari, ecc.
I progetti di sistema, detti anche multi-stakeholder, sono infatti proprio funzionali al coinvolgimento di professionisti differenti (Medici di Medicina Generale, Specialisti, Farmacisti) in un percorso integrato di cura e follow-up del paziente aperto a nuovi luoghi come la farmacia privata (che diventa farmacia di servizio) o la Casa di Comunità. Ampliando inoltre la visione progettuale ad attività di referral Centro-Territorio è possibile promuovere l’appropriatezza terapeutica e la diminuzione dei tempi di diagnosi.
Come inserirsi nel nuovo scenario strategico, esempi di progettualità
La contaminazione tra differenti professionalità e l’integrazione con partner di valore, ha dato vita, negli anni, a diversi modelli progettuali di Sanità e medicina territoriale disegnati da Healthcare Network Partners. In vista delle nuove opportunità offerte dal PNRR sarà possibile replicare best practices o mettere a punto nuove soluzioni e modelli organizzativi, come il “modello Castellana”, che vedono lavorare fianco a fianco MMG, Specialisti territoriali e ospedalieri sia per la presa in carico di pazienti cronici all’interno di strutture extra-ospedaliere, territoriali e sanitarie (come i Presidi Territoriali di Assistenza, PTA, e le Case della Salute, CDS), sia per il raggiungimento degli stessi pazienti al loro domicilio in modo da migliorarne il percorso terapeutico e favorire l’aderenza alla terapia. Il nuovo paradigma progettuale prevede percorsi di accesso alle cure sempre più facilitati realizzati all’interno di strutture decentralizzate, come lo studio del medico di base o la farmacia sotto casa eletti a fulcro di una medicina d’iniziativa.
L’Healthcare si evolve con la Voice search

Tempo di lettura: 3 minutiParlare invece di digitare: le persone interagiscono in modo sempre più naturale con la tecnologia instaurando vere e proprie conversazioni con i dispositivi mobili (speaker e altri device smart) che rendono la comunicazione bilaterale; in sostanza chi effettua la ricerca pone la domanda e la macchina dà la risposta. Ciò accade nella vita di tutti i giorni e in particolare quando si ha bisogno di assistenza sanitaria o si cercano informazioni e supporto in ambito salute.
Un’analisi condotta da Google ha evidenziato le principali ragioni per cui le persone utilizzano il loro assistente virtuale:
Recenti dati pubblicati dalla piattaforma Chatmeter hanno calcolato che negli ultimi anni 19,1 milioni di persone si sono rivolte ai propri assistenti vocali per questioni sanitarie. Il più grande caso d’uso dell’assistente vocale segnalato per l’assistenza sanitaria nel 2019 è stato quello di chiedere informazioni sui sintomi della malattia (72,9%). Le persone hanno anche utilizzato assistenti vocali per avere informazioni mediche (45,9%), trovare l’ubicazione di un fornitore di servizi sanitari (37,7%), ricercare opzioni di trattamento (37,7%), ottenere informazioni nutrizionali (29,4%) e trovare un medico o un altro fornitore (28,2%). I consumatori, di tutte le età e di ogni genere, hanno dichiarato di sentirsi a proprio agio nell’uso degli assistenti vocali soprattutto per l’ampia varietà di argomenti trattati in ambito health.
L’obiettivo: rendere le pharma digitalmente evolute
La Voice Search si inserisce nel segmento del pharma digitalmente evoluto che prevede un approccio integrato, sempre più human-centered e sostenuto da tecnologie e piattaforme innovative e interattive. La consumerizzazione della sanità vede le persone con un ruolo più attivo nella ricerca, nella scelta e nel controllo delle proprie cure mediche: ciò richiede una costruzione di una strategia healthcare multicanale che presidi il maggior numero di touchpoint possibili.
Come funziona?
Dialogando con le VUI (Voice User Interface) con cui si è connessi – da Alexa a Cortana passando per Siri, Amazon Echo, Google Voice Search, Google Home – si inviano degli input vocali di richiesta (note in gergo come query) che la tecnologia interpreta e restituisce con i relativi risultati, anche questi vocali. È grazie ai potenti sistemi di intelligenza artificiale che i dispositivi, una volta ricevuta la query, restituiscono i risultati analizzando la grande mole di dati posizionata su un cloud connesso a internet.
Tale modifica nel comportamento di ricerca degli utenti influenza lo sviluppo degli algoritmi e ha conseguenze sulla SEO. Ecco perché durante il processo di ottimizzazione dei siti web per i motori di ricerca va presa in considerazione fin da subito la ricerca vocale (Voice Search) seguendo le linee guida della VEO (Voice Engine Optimization) e della VSO, (Voice Search Optimization), nuovi paradigmi complementari alla SEO. L’obiettivo è offrire alle persone la miglior esperienza conversazionale e di permettere alle pagine web e ai contenuti di posizionarsi nei cosiddetti VERSO (Vocal Engine Result Search Output): i risultati offerti dai dispositivi di Voice Search che corrispondono alle SERP (Search Engine Results Pages) ovvero le pagine dei risultati del motore di ricerca. È così che la Vocal Search favorisce il contatto con il brand e le conversioni.
In che modo un brand healthcare può ottenere traffico dalle ricerche vocali?
La strategia da seguire è l’ottimizzazione del motore di ricerca vocale VEO per raggiungere il maggior numero di pazienti tramite la voce. Rispetto alla SEO tradizionale, la Vocal Search richiede strategie e tecniche di posizionamento diverse e complementari. Occorre pertanto ottimizzare anzitutto gli aspetti tecnici del sito web con i Web Core Vitals, gli indicatori di performance che influiscono sull’indicizzazione dei risultati intercettando le richieste vocali. Per assicurarsi poi che il brand, l’ospedale, lo specialista o la farmacia sia elencato tra i risultati di ricerca è necessario curare l’online business profile fornendo all’utenza una serie di informazioni quali il nome dell’attività, l’indirizzo, i recapiti, il sito web, la categoria e la descrizione dell’attività e dei prodotti. Anche interagire con i pazienti rispondendo a domande e recensioni migliora il ranking e fa guadagnare classifiche più alte.
Parole chiave e strategia fluida nell’ottica dell’assistenza sanitaria di prossimità
La struttura dei siti, delle informazioni e la strategia di inserimento dei contenuti vanno pensati in maniera fluida per rispondere a domande sempre più articolate e meno circoscritte, artificiali e robotiche. Le ricerche vocali si basano su long-tail keyword e frasi più simili al linguaggio parlato con forme verbali in prima persona. Un esempio? I pazienti non cercano più “cura emofilia” ma “come posso curare l’emofilia?”. Le query vocali impiegano question words (cosa, dove, come, quanto, quale e quando) e le ricerche locali sono contraddistinte da espressioni del tipo: qui vicino, vicino a me, nei pressi di, in zona, che permettono ai pazienti di trovare nell’area geografica a loro più comoda il nuovo medico curante piuttosto che l’operatore sanitario o il centro clinico più vicino.
Il Sunshine Act rende pubblici i “trasferimenti di valore”

Tempo di lettura: 4 minutiTutto alla luce del sole: il cosiddetto Sunshine Act sulla trasparenza in sanità è legge. La nuova norma n. 62 del 31 maggio 2022 è entrata in vigore lo scorso 26 giugno 2022 e riguarda le “Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie”. Ciò che si attende adesso, per la concreta applicazione della legge, è l’attivazione (con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) del Registro pubblico telematico denominato “Sanità trasparente”, sul sito internet istituzionale del Ministero della Salute, su cui saranno pubblicate le comunicazioni delle imprese ai fini di trasparenza; l’attivazione dovrà avvenire entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge, ovvero entro il 26 dicembre 2022. Una volta pubblicato in G.U. l’avviso di inizio funzionamento del Registro Sanità Trasparente, secondo quanto previsto dall’art. 9 della nuova legge recante le disposizioni finali, sarà obbligatoria, pena sanzioni pecuniarie:
Per la tenuta del Registro Sanità trasparente, basato sui criteri di facilità di accesso, semplicità di consultazione, comprensibilità dei dati e agevole estrapolazione, sono stati stanziati 300 mila euro per il 2022 e circa 50 mila euro all’anno a partire dal 2023. I dati dovranno essere accessibili e la piattaforma dovrà prevedere funzioni di ricerca ed estrazione secondo gli standard open data. La struttura e le modalità operative del registro saranno disciplinate da un decreto del Ministero della Salute, da emanare entro tre mesi dall’entrata in vigore del Sunshine Act. Ogni anno il Ministero dovrà trasmettere alle Camera una relazione sullo stato di attuazione della legge.
Ispirato agli Stati Uniti
Il Sunshine Act si ispira a una norma degli Stati Uniti dove, nel 2010, è stato approvato il Physician Payments Sunshine Act (PPSA) con l’obiettivo di accrescere la trasparenza delle relazioni finanziarie tra operatori sanitari, organizzazioni sanitarie e produttori farmaceutici. In Italia, fino all’entrata in vigore del Sunshine Act, erano previsti obblighi di trasparenza solo per le imprese operanti nel settore della salute (medicinali e dispositivi medici) aderenti alle principali associazioni di categoria. Nello specifico, i Codici Etici di tali associazioni di categoria già prevedevano l’obbligo per le imprese aderenti di pubblicare, sul proprio sito web, informazioni riguardanti i trasferimenti di valore effettuati, direttamente o indirettamente, ai professionisti del settore sanitario, alle organizzazioni sanitarie e ad alcune categorie di terze parti. Con il Sunshine Act la trasparenza viene sancita per legge e diventa obbligatorio applicarla a tutte le imprese, siano esse aderenti o meno alle associazioni di categoria.
Obiettivi
L’obiettivo del Sunshine Act è rendere pubblici tutti i cosiddetti “trasferimenti di valore”, cioè i rapporti di natura economica tra imprese e professionisti, strutture e organizzazioni del settore salute. Come indicato nell’art. 1 della legge, il provvedimento persegue finalità di: trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e del “degrado” dell’azione amministrativa, sancendo il “diritto alla conoscenza” dei rapporti economici o “di vantaggio”.
A chi si rivolge?
Gli attori coinvolti nel Sunshine Act sono i soggetti, indicati nell’art. 2, che operano nel settore della salute a qualsiasi titolo, le organizzazioni sanitarie (come le aziende ospedaliere) e le imprese produttrici (come le case farmaceutiche o la stessa Healthcare Network Partners) che «direttamente o nel ruolo di intermediario o di impresa collegata, esercitano un’attività diretta alla produzione, all’immissione in commercio o all’organizzazione di convegni e congressi riguardanti farmaci, strumenti, apparecchiature, beni o servizi, anche non sanitari, ivi compresi i prodotti nutrizionali, commercializzabili nell’ambito della salute umana e veterinaria». L’interesse relativo al Sunshine Act è dunque trasversale e proprio perché concepito nella logica di offrire visibilità e trasparenza a tutte le attività erogate richiederà a ciascuno degli attori coinvolti impegno, oneri e risorse dedicati.
Le soglie di valore da rendere pubbliche
La legge fissa all’art. 3 alcune soglie oltre le quali i trasferimenti di valore dovranno essere resi pubblici. Nel caso di soggetti che operano nel settore della salute, per esempio, saranno pubblicate tutte le «convenzioni o erogazioni in denaro, beni, servizi e altre utilità» con un valore unitario superiore a 100 euro (o maggiori di 1.000 euro nell’arco di un anno), mentre per le organizzazioni sanitarie la soglia minima è di mille euro (2.500 annuo). Verranno resi pubblici anche «gli accordi tra le imprese produttrici e i soggetti o le organizzazioni che producono vantaggi diretti o indiretti consistenti nella partecipazione a convegni, eventi formativi, organi consultivi o comitati scientifici o nella costituzione di rapporti di ricerca, consulenza e docenza».
Le sanzioni
E se le imprese non dovessero rispettare gli obblighi previsti dal Sunshine Act? Secondo quanto stabilito dall’art. 6, per chi omette le comunicazioni è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria di 1.000 euro aumentata di 20 volte l’importo dell’erogazione alla quale si riferisce l’omissione. Nel caso di informazioni false la sanzione va da 5 a 100 mila euro. Le imprese, inoltre, dovranno comunicare anche i dati di soggetti e organizzazioni che siano titolari di azioni, quote di capitale e obbligazioni o abbiano percepito corrispettivi derivanti da diritti di proprietà industriale o intellettuale. In questo caso le omissioni generano una sanzione che va da 5 mila a 50 mila euro (fino a 100 mila per notizie false). In tutti questi casi le sanzioni si dimezzano per imprese con fatturato inferiore a un milione di euro, salvo legami con altre imprese produttrici. Anche gli atti relativi alle sanzioni saranno pubblicati sul Registro Sanità Trasparente.
AUDIT INTERNO E GOOD DOCUMENTATION PRACTICES: DUE SCELTE DI VALORE

Tempo di lettura: 4 minutiL’auditing interno è uno strumento volontario, di controllo, che consente alle aziende di migliorare la propria offerta a partire dalle procedure e di applicare, dove necessario, correzioni. Scegliere di dotarsi di audit interni significa ottenere un approccio, sempre più sistematico e disciplinato, di valutazione e perfezionamento dei processi di gestione e controllo in conformità ai criteri di riferimento. Tali criteri sono raggruppabili in due macro categorie: i requisiti propri dell’organizzazione e i requisiti della norma internazionale. A quest’ultima categoria appartengono:
Per chi opera nel mondo della ricerca clinica è inoltre fondamentale la compliance ai GDocP, Good Documentation Practices in Clinical Research. Si tratta di linee guida per la registrazione, gestione e archiviazione in maniera completa, accurata, attendibile e verificabile di tutti i dati di una sperimentazione clinica. I GDocP sono alla base dell’implementazione di un buon sistema di qualità e sono essenziali per assicurare l’adesione ai due fondamenti delle Good Clinical Practice (GCP): la tutela del paziente che prende parte allo studio clinico e l’attendibilità dei risultati dello studio stesso.
Ispirandosi ai criteri standardizzati dei GDocP e alla luce delle possibilità correttive offerte dagli auditing interni, le aziende provider di patient support possono trovare nuove modalità di organizzazione e gestione sistematica della documentazione. Ciò rende oggettiva la promessa fatta dai provider ai propri mercati di riferimento: i clienti, i pazienti, gli healthcare professionals e gli enti.
Formarsi alla standardizzazione dei processi
Secondo una definizione dell’European Medicines Agency (EMA), nell’ambito della ricerca clinica per documentazione si intendono «tutti i record, in qualsiasi forma (inclusi, ma non limitati a, scritti, elettronici, magnetici e ottici registrazioni e scansioni, raggi X ed elettrocardiogrammi) che descrivono o registrano i metodi, la condotta, e/o risultati di una sperimentazione, i fattori che influiscono su una sperimentazione e le azioni intraprese». Quando si parla di documentazione clinica si fa riferimento a due macro gruppi:
Per le aziende provider di servizi che decidono di applicare le GDocP risulta necessario formare tutte le figure coinvolte nella produzione della documentazione: Program Manager (PM), Lead Nurse (LN), Territory Manager (TM), Infermieri, Pharmacovigilance Responsible (PVR). Solo grazie alla formazione e alla conoscenza delle azioni da compiere si creano le fondamenta per la standardizzazione dei processi relativi alla documentazione e per la produzione di dati complianti con i criteri di qualità. Le caratteristiche di tali dati, secondo EMA, sono riassunti dall’acronimo ALCOA ++:
A – Attribuibili. I dati dovrebbero essere attribuibili alla persona che li ha generati (includendo eventuali revisioni) e riconducibili al sistema/dispositivo in cui sono stati generati/conservati.
L – Leggibili. I dati dovrebbero essere mantenuti in una forma leggibile per consentirne la revisione nel contesto originale. Pertanto, le modifiche ai dati, come la compressione, la crittografia e la codifica, dovrebbero essere completamente reversibili.
C – Contemporanei. I dati dovrebbero essere generati da un sistema o acquisiti da una persona al momento dell’osservazione. Le informazioni sulla data di osservazione e sulla data del salvataggio dovrebbero essere conservate come parte dei metadati e acquisite automaticamente, per esempio da un server centrale.
O – Originali. I dati dovrebbero essere mantenuti nella versione originale della prima osservazione. Solo le copie certificate possono sostituire i dati originali.
A – Accurati. L’uso di sistemi informatici dovrebbe garantire che i dati siano accurati tanto quanto quelli registrati su supporto cartaceo. Il processo di codifica, che consiste nell’abbinare testo o dati raccolti sul CRF, dovrebbe essere controllato. Il processo di trasferimento dei dati tra i sistemi dovrebbe essere convalidato per garantire che i dati rimangano accurati. I dati dovrebbero essere una rappresentazione accurata delle osservazioni fatte.
C – Completi. Per ricostruire e comprendere appieno un evento, i dati dovrebbero essere una rappresentazione completa dell’osservazione effettuata e dovrebbero essere rappresentati nel contesto originale e nei metadati associati.
C – Coerenti. Dovrebbero essere in atto processi per garantire la coerenza della definizione, generazione/acquisizione e gestione (compresa la migrazione) dei dati durante il loro intero ciclo di vita. Dovrebbero essere implementati processi per ridurre al minimo il rischio di incoerenze, per esempio mediante l’uso della standardizzazione, della convalida dei dati e di una formazione adeguata.
D – Duraturi. I dati dovrebbero essere conservati in modo appropriato per restare intatti e durevoli durante il loro intero ciclo di vita.
D – Disponibili quando necessari. I dati dovrebbero essere conservati per essere prontamente disponibili per la revisione quando necessario.
T – Tracciabili. I dati dovrebbero essere tracciabili durante il loro intero ciclo di vita. Eventuali modifiche dovrebbero essere tracciabili, non dovrebbero oscurare le informazioni originali e dovrebbero essere spiegate, se necessario.
«Aderire alle GDocP per un provider di servizi in healthcare significa poter fornire ai propri clienti i migliori standard per garantire che tutte le informazioni raccolte all’interno dei progetti in essere siano correttamente gestite fornendo così un servizio ad alto valore aggiunto ed evitando fraintendimenti tra le parti. Inoltre una corretta gestione della documentazione riduce la possibilità di incorrere in finding durante gli audit da terze parti». Giuseppe Imperato, Quality&PV Operation Referent HNP.
Da inizio 2022, HNP, nell’ottica di un miglioramento continuo dei processi interni, ha implementato tutte le attività relative alle GDocP per creare standard condivisi sulla gestione, organizzazione ed eventuale correzione della documentazione.
Intervista al Professor Dionisi Vici sull’importanza dello screening nelle malattie rare

Tempo di lettura: 2 minutiNell’ambito delle malattie rare come l’alfa mannosidosi ci sono delle novità: lo sviluppo di un test che può essere effettuato sulle urine del paziente potenziale, altamente efficace per lo screening della malattia.
Abbiamo chiesto qualcosa di più al Professor Carlo Dionisi-Vici, Responsabile U.O.C. di Patologia Metabolica, Dipartimento di Medicina Pediatrica, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, con cui abbiamo dato vita, anche grazie al supporto di Chiesi Global Rare Diseases, al servizio alpha lab per lo screening delle oligosaccaridosi.
L’importanza di una diagnosi tempestiva è fondamentale nella gestione di qualunque patologia, ancor di più quando parliamo di Malattie Rare. Ci può descrivere la nuova metodica sviluppata dal Laboratorio dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù per lo screening dell’Alfa Mannosidosi e i suoi benefici?
Si tratta di un metodo tecnologicamente molto avanzato, basato sulla cromatografia liquida ad alta risoluzione e spettrometria di massa tandem (UHPLC-MS/MS), che permette l’analisi multipla dei biomarcatori di numerose malattie metaboliche. In soli 30 minuti è possibile effettuare lo screening delle oligosaccaridosi (sialidosi, α-/β-mannosidosi, fucosidosi, aspartilglucosaminuria). L’esame è effettuabile sia su urine fresche, conservate a bassa temperatura, sia su urine spottate su uno speciale cartoncino (DUS), rendendo in questo modo più agevole l’invio dei campioni al Laboratorio. Lo screening viene effettuato ricercando sulle urine la presenza di alcune categorie di zuccheri, i cosiddetti oligosaccaridi, che vanno a costituire il profilo specifico e caratteristico, che di fatto corrisponde all’impronta digitale, di una determinata malattia. Attraverso l’utilizzo di standard interni di riferimento si ottiene un’analisi semiquantitativa nella quale le concentrazioni dei vari oligosaccaridi sono espresse con l’unità di misura dei MoM (multipli delle mediane). Grazie a questo metodo rapido e che non richiede complesse procedure per la preparazione dei campioni di urine, è possibile in maniera tempestiva indirizzare il clinico verso la diagnosi di una serie di rare malattie metaboliche, alcune delle quali oggi curabili, come per esempio l’alfa mannosidosi, nelle quali il ritardo diagnostico può certamente contribuire a peggiorarne la prognosi.
Ritiene che supportare i Centri Clinici con un sistema che consenta di gestire in modo semplice ed efficace la disponibilità dei materiali per effettuare questo esame possa contribuire una più rapida diagnosi di questa patologia?
Agevolare lo screening per questa malattia è di fondamentale importanza per arrivare nel minor tempo possibile alla diagnosi e al tempestivo inizio della terapia. Dal punto di vista clinico, i sintomi di questa malattia sono molteplici, variano con l’età dei pazienti e sono comuni ad altre malattie lisosomiali, come ad esempio le mucopolisaccaridosi, per cui è molto utile la possibilità di disporre di un rapido test di laboratorio che faciliti la diagnosi differenziale.