Digital Health, gli strumenti digitali a supporto delle patologie respiratorie

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Lo scenario che si sta delineando in questi anni è quello di una crescente attenzione allo sviluppo degli strumenti di Digital Health, i quali mutano il ruolo degli attori healthcare e ampliano fortemente il perimetro di azione delle tecnologie attive in ambito sanitario. In particolare, aumenta la disponibilità di soluzioni destinate sia al benessere e alla prevenzione della collettività, che al controllo e al supporto continuativo dei pazienti affetti da patologie croniche da monitorare nel lungo periodo.

Nello specifico, l’asma, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), le fibrosi polmonari e le apnee del sonno sono solo alcune delle più comuni patologie respiratorie che hanno un peso rilevante sui Sistemi Sanitari Nazionali e sulla qualità di vita dei pazienti.

I bisogni di queste diverse categorie di pazienti possono essere soddisfatti fornendo loro soluzioni digitali che li supportino quando e dove necessario e che allo stesso tempo rappresentino delle vere e proprie sorgenti di dati. Sono questi ultimi, raccolti attraverso differenti strumenti digitali e contemperando tutti i vincoli e le previsioni normative, l’elemento fondamentale per alimentare sistemi analitici o algoritmi evoluti che siano in grado di trasformare il dato in conoscenza, evidenza ed impatto di valore e che possano supportare studi di Real World Evidence su ampia scala.

Le moderne soluzioni digital per il monitoraggio e la gestione delle cronicità respiratorie

 

Le patologie respiratorie e in particolare l’asma e le BPCO sono malattie croniche delle vie respiratorie che hanno un forte impatto sui pazienti, sulle loro famiglie e sulla società attestandosi al terzo posto nelle cause di morte in Italia rilevate dall’Istat. Una parte consistente di questi decessi non è da attribuire solo alla gravità della patologia, ma anche alla scarsa aderenza alla terapia o ad abitudini di vita e comportamenti non adeguati. Per supportare le sfide derivanti dalla gestione di questi aspetti sono state introdotte diverse soluzioni digitali che coadiuvano e integrano le terapie tradizionali grazie a dispositivi che, a differenza delle soluzioni precedentemnete reperibili, integrano le Application Program Interface (API) che consentono la trasmissione sicura e controllata di dati tra diversi dispositivi, piattaforme e ambienti cloud.

Esistono, infatti, soluzioni di supporto digitale che offrono dashboard online e combinano le rilevazioni di dispositivi quali spirometri, CPAP (Continuous Positive Airway Pressure) e altre strumentazioni con App e dataset, i quali aiutano sia il paziente nella gestione di un piano personalizzato di supporto alla propria terapia che il medico specialista fornendogli dati utili per poter osservare in tempo reale il decorso della patologia.

La raccolta automatica dei dati relativi al trattamento e all’aderenza, coadiuvata da connettività 4G, nonché dalle API presenti in dispositivi di nuova generazione, consente uno scambio sicuro e autorizzato di informazioni tra i diversi specialisti e attori healthcare permettendo un monitoraggio costante dei risultati e degli indicatori di salute. Una volta che questi dati vengono raccolti in piattaforme di Patient Relationship Management come ICARE Platform, possono essere elaborati e integrati con altre fonti di dati per creare dashboard olistiche e analytics dettagliati. Tutto ciò è la base che permette a team di Data Analyst specialisti, di fornire servizi di consulenza e analisi per avviare studi complessi e integrati di RWE.

Tuttavia, dalla soluzione digitale di supporto o accompagnamento al vero e proprio digital therapeutics lo scenario della digital health è ancora in profonda evoluzione e quelle elencate sono solo alcune delle soluzioni esistenti per supportare queste patologie croniche.

Telemedicina, l’evoluzione normativa e tecnica

telemedicina

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La telemedicina è un concetto ampio che racchiude un insieme di attori, metodologie, strumenti e tecnologie; che rivelano il loro effettivo potenziale solo quando si trasformano in un atto di diagnosi e cura.

Negli ultimi mesi è diventato un tema di rilevanza mediatica e ha “risvegliato” l’interesse di una parte degli addetti ai lavori in seguito alle restrizioni riguardanti la mobilità generale e l’accesso ai presidi di cura, introdotte nelle varie fasi di gestione della pandemia da Covid-19.

Anche analizzando i risultati di Google trendslo strumento che misura le ricerche effettuate sul popolare motore di ricerca – si può notare come in Italia si sia effettivamente verificato un picco di interesse sul tema della telemedicina nel periodo che va dal 22 marzo al 23 maggio di quest’anno che coincide esattamente con la fase di lockdown durante la quale, alle normali visite in presenza, sono state affiancate, ove possibile, soluzioni “da remoto”.

 

I passaggi chiave dell’evoluzione normativa 

Il percorso normativo che ha portato allo sviluppo della telemedicina in Italia ha radici profonde, ma gli atti più recenti sono quelli che hanno dato la maggiore spinta all’effettiva implementazione.

Tra questi, vale la pena evidenziare alcuni passaggi chiave: già nel luglio del 2012 l’Assemblea generale del Consiglio Superiore di Sanità approva le Linee di indirizzo nazionali sulla telemedicina e, due anni dopo, nel 2014, la Conferenza Stato-Regioni sancisce l’Intesa sulle Linee di indirizzo.

Negli ultimi 12 mesi, ci sono stati diversi cambiamenti sia a livello nazionale che regionale. L’ISS (Istituto Superiore di Sanità) ad aprile ha fornito le indicazioni ad interim per i servizi assistenziali di telemedicina durante l’emergenza sanitaria. Nella fattispecie il documento fa da supporto alla realizzazione di servizi in telemedicina durante l’emergenza COVID-19, offrendo indicazioni, individuando problematiche operative e proponendo soluzioni. Inoltre, molte delle regioni italiane, tra le quali anche: Lazio, Piemonte, Lombardia, Veneto e  Sardegna, hanno incluso le prestazioni di telemedicina nei propri tariffari regionali.

Queste basi, benché imperfette, sono sufficienti a costituire il punto di partenza a cui associare i finanziamenti necessari e un’effettiva capacità esecutiva per rendere la telemedicina uno strumento accessibile in maniera estesa.

Il punto d’incontro si raggiungerà facendo convergere queste iniziative con il Fascicolo Sanitario Elettronico e rendendole uniformemente disponibili su scala nazionale.

 

Telemedicina specialistica, definizioni e classificazioni

In Italia la normativa prevede una classificazione a più livelli che tiene conto dell’ambito, del tipo di patologia, del ruolo del paziente e delle relazioni tra i diversi attori.

Vi sono diverse modalità attuative nell’ambito dell’assistenza sanitaria, tra queste: la televisita, il teleconsulto e la telecooperazione.

Si può definire “televisita” il momento in cui il medico interagisce con il paziente a distanza per effettuare controlli periodici, valutazioni dei referti con il supporto eventuale del caregiver e, in caso di necessità, prescrizione di farmaci o cure. Durante la televisita un operatore sanitario che si trovi vicino al paziente, può assistere il medico. Se tale visita anche a distanza garantisce tutti i requisiti di quella erogata in presenza, può essere considerata come prestazione specialistica ai sensi della normativa vigente.
Il collegamento deve consentire di vedere e interagire con il paziente e deve avvenire in tempo reale o differito. Il “teleconsulto”, invece, è un’indicazione di diagnosi e/o di scelta di una terapia che non prevede la presenza fisica del paziente. Si tratta di un momento di consulenza a distanza fra medici e, come quella effettuata in presenza, non necessita di una remunerazione a prestazione, pertanto di una tariffa ad hoc.

Per “telecooperazione” si intende l’assistenza fornita da un medico (o altro operatore sanitario) ad un altro medico (o operatore sanitario) impegnato in un atto sanitario. Il termine viene utilizzato anche per la consulenza fornita a quanti prestano un soccorso d’urgenza

 

Le finalità e i fattori abilitanti

Monitoraggio regolare dei pazienti, prevenzione secondaria, nonché facilità di movimento delle informazioni diagnostiche e regolare valutazione dell’adempimento prognostico: le finalità della telemedicina sono molteplici e, come suggeriscono le Linee di indirizzo del Ministero della Salute, toccano i diversi momenti del patient journey dalla diagnosi all’assistenza terapeutica con i controlli periodici e i monitoraggi necessari.

Per esempio, gli strumenti di telemedicina possono essere utilizzati per agevolare l’iter diagnostico soprattutto per quel che riguarda il passaggio materiale dei referti, molto spesso legato al movimento fisico del paziente. Per coloro, invece, ai quali già stata diagnosticata una patologia, la telemedicina può rivelarsi utile per garantire la continuità del monitoraggio e dei controlli periodici dei parametri vitali.

Alla luce di quelli che sono i vantaggi appena elencati, per rendere concretamente adottabile la telemedicina è necessario che la classe medica, i provider e tutti gli stakeholder inizino a dotarsi di competenze legali, relazionali, comunicative e tecnologiche in grado di rispondere efficacemente a tale cambiamento.

Per esempio, la formazione può giocare un ruolo fondamentale soprattutto per coloro che devono utilizzare la telemedicina: da questo la scelta di alcune Pharma di offrire percorsi educazionali per esplorare i vari aspetti di quest’ultima.

In parallelo, anche le dotazioni tecnologiche dei professionisti healthcare dovranno essere allineate con le esigenze della telemedicina guardando alle opportunità offerte dalle innovazioni digitali.

Trovare alternative alle visite in presenza rimarrà un punto cruciale, una sfida da affrontare anche nel prossimo futuro, una necessità per ridurre le potenziali occasioni di contagio e per agevolare e contingentare gli accessi alle strutture ospedaliere e ambulatoriali.

 

 

 

 

 

 

COVID-19, il supporto domiciliare durante il lockdown: la parola ai clinici

 

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Ce lo raccontano Maria Alice Donati (SOC Malattie Metaboliche e Muscolari Ereditarie- AOU Meyer – Firenze), Serena Gasperini (Clinica Pediatrica dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma) e Monica Cellini (U.O. Pediatria ad Indirizzo Oncologico Dipartimento Materno-Infantile Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Modena).

Tre Specialisti, tre regioni differenti tra loro, tre storie molto diverse, ma con un denominatore comune: la valutazione sui programmi di Home Therapy durante il periodo di lockdown è stata positiva e la speranza comune è che si possano mantenere attivi al termine dello Stato di emergenza.

La Lombardia è stata una delle regioni più colpite dalla pandemia da COVID-19 ma è anche uno dei territori che ha reagito con più determinazione anche grazie a un’esperienza decennale nei programmi domiciliari.“Il contributo dell’Home therapy è stato fondamentale per la gestione di bambini e adulti affetti da malattie lisosomiali soprattutto in una regione largamente e pesantemente colpita come la Lombardia-sottolinea Serena Gasperini-. Non frequentare l’Ospedale in un momento critico soprattutto nei mesi di lockdowntra marzo e giugno è stata accolta come un sollievo dalle famiglie e mai come preoccupazione. La possibilità di avere a disposizione una terapia a casa ha notevolmente alleggerito il pesante fardello delle famiglie che già convivono con una malattia cronica e rara con dinamiche diverse: l’ingresso di una figura professionale infermieristica o medica dentro le mura domestiche “protette”col timore del contagio non è stata vissuta con diffidenza, ma come un’opportunità. Le famiglie e i pazienti si sono sentiti “curati” nell’accezione anglosassone di “take care” proprio in un momento in cui avere a disposizione personale sanitario era molto prezioso e ammalarsi (non solo per COVID) era diventato molto pericoloso per le difficoltà di accesso alle cure. L’Ospedale è stato vissuto come fonte di contagio primaria, luogo di malattia e ambiente a elevato rischio dai pazienti, ma anche dal personale sanitario che ci lavora. L’esperienza di supporto telefonico che il nostro Centro di malattie Metaboliche di Monza ha avuto con le famiglie dei nostri piccoli pazienti è stata molto positiva: in caso di necessità noi eravamo vicini e la possibilità di sentirci per ogni evenienza ha contribuito a contenere la paura, affinché non diventasse panico. La speranza è che la possibilità di accesso alla home therapy possa andare oltre la pandemia anche in Regioni dove sinora non era possibile effettuarla”.

 La terapia domiciliare è stata vissuta dai Clinici come uno strumento per tutelare la salute di pazienti e familiari, garantendo la continuità terapeutica e al contempo riducendo gli accessi in Ospedale.

L’Home Therapy è stata molto importante per la mia attività di gestione del paziente – racconta Monica Cellini-. Per me sarebbe stato estremamente difficile poter proseguire con regolarità la terapia infusionale del paziente senza esporre lui e i suoi cari a rischi di contagio. La mamma del paziente che seguivo si è detta molto contenta soprattutto perché l’infermiere che andava a casa sua era rispettoso delle regole igieniche previste e inoltre mi ha detto che avrebbe avuto molta paura se avesse dovuto portare il bambino in Ospedale per svolgere le terapie. Penso che quello che è successo debba essere un motivo di profonda riflessione per tutte quelle regioni che ancora non hanno recepito questa esigenza. Il Covid-19 ha mostrato quanto la terapia domiciliare possa essere preziosa per pazienti fragili come quelli che devono effettuare terapia sostitutiva salvavita”.

 Se in Lombardia l’attività di Home Therapy era attiva da anni, in Toscana l’avvio di programmi domiciliari ai pazienti è stata una novità dell’emergenza sanitaria.

“Più volte in precedenza avevo discusso in ambito regionale dell’importanza dell’Home Therapy, ma non era mai stata data l’autorizzazione per avviarla- spiega Maria Alice Donati-.  Prima ancora della determina AIFA, avevo fatto richiesta per attivare programmi domiciliari almeno per i pazienti particolarmente fragili e alla fine mi era stata concessa. In questo contesto i pazienti e le famiglie credo abbiano sentito non un “abbandono” alla terapia domiciliare, ma un essere accompagnati e comunque un lavoro in sinergia. Oggi, la maggior parte dei nostri pazienti sono passati all’Home Therapy e sono rimasti esclusi solo i pazienti che per caratteristiche cliniche non potevano effettuarla a domicilio secondo quanto scritto nella delibera AIFA. La riduzione dell’attività per le terapie enzimatiche sostitutive in ospedale ha consentito una miglior impiego delle risorse umane e una eccellente gestione dei posti letto soprattutto in termini di sicurezza e distanziamento, inoltre diverso impiego di risorse umane. L’emergenza covid ha portato in questo caso ad una esperienza fortemente positiva e sia i pazienti/famiglie che i medici sperano possa proseguire anche nel dopocovid”.

La possibilità di attivare tempestivamente programmi di home treatment su quasi tutto il territorio Nazionale si è rivelato sia per gli Specialisti che per i pazienti un modo per offrire un supporto concreto in un momento veramente complicato.

Ora l’obiettivo di molti attori del mondo Healthcare è quello di far comprendere anche alle regioni più restie all’attivazione di programmi domiciliari le loro potenzialità, per implementare i PSP a livello nazionale.

HNP, con l’Istituto Gaslini un accordo formativo ed educazionale per le patologie rare della coagulazione

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Sinergie tra attori del Sistema salute, formazione, aggiornamenti e training sono alla base di un’offerta di servizi al paziente di qualità, capaci di rispondere in modo integrato ed efficace alla sempre più complessa domanda di cura.

Per questo, Healthcare Network Partners ha stretto un accordo di collaborazione con l’Istituto Giannina Gaslini per attività di consulenze professionali a carattere formativo, educazionale e tecnico-scientifico nell’ambito delle patologie rare della coagulazione al fine di migliorare la qualità dei servizi offerti.

L’Istituto Giannina Gaslini di Genova è un noto Istituto di Ricovero e Cura a carattere scientifico che fin dalla sua fondazione ospita l’Università di Genova. Proprio per questa propensione alla formazione e per il team di professionisti altamente qualificati, HNP ha deciso di avviare una collaborazione che si strutturerà sia in programmi ed eventi formativi scientifici e training di approfondimento, ma anche attività di consulenza e revisione di materiali e procedure operative.

Per spiegare al meglio la natura e le caratteristiche di questa collaborazione, il dr Angelo Claudio Molinari Responsabile Centro di Emostasi e Trombosi dell’Istituto Gaslini, e Gianni Belletti, Country Manager di HNP, risponderanno ad alcune domande.

Alcune domande al dr Angelo Claudio Molinari:

-Per quanto riguarda l’Istituto Giannina Gaslini, quale è la peculiarità della sua offerta e quali sono le caratteristiche che lo contraddistinguono? 

L’Istituto Giannina Gaslini è un centro di ricerca assistenza pluri specialistico che concentra al suo interno altissime competenze in tutti i settori. Una particolare attenzione è sempre stata rivolta alle patologie della coagulazione. Infatti da diversi anni ormai è stata istituita una Unità Operativa, dedicata alle problematiche dell’emostasi a della trombosi, di cui sono responsabile. L’esperienza della ricerca internazionale viene costantemente riversata in pratica assistenziale di altissimo livello che non trascura la qualità di vita del paziente e della famiglia.

-Quale è il ruolo della formazione per lo sviluppo di servizi assistenziali idonei a rispondere alla sempre più complessa domanda di cura?

Si è visto crescere negli ultimi anni il concetto importante di personalizzazione delle cure, la cosiddetta medicina di precisione. Tutti gli attori coinvolti nell’assistenza del paziente oggi devono avere una profonda conoscenza della patologia, delle cure attuate, e dei risvolti anche non clinici, per esempio sul laboratorio, che le cure possono avere. La formazione, costantemente aggiornata, è quindi la base per la qualità delle cure anche domiciliari.

-In particolare nell’ambito delle patologie della coagulazione, come sono cambiate le necessità e i bisogni dei pazienti?

Abbiamo assistito negli ultimi anni a un balzo in avanti veramente importante nelle tipologie di cure che possono essere offerte ai pazienti con Malattie Emorragiche Congenite o acquisite; ho già detto della crescente importanza della personalizzazione della terapia, che in quest’ ambito traguarda alla personalizzazione della profilassi dei pazienti affetti da emofilia dopo l’avvento dei nuovi concentrati a emivita prolungata. In questo ambito riveste molta importanza l’esecuzione della farmacocinetica per ritagliare sul paziente uno schema di profilassi adeguato alle necessità cliniche. La disponibilità di assistenza domiciliare specialistica, che consente di eseguire con comodità del paziente e tranquillità del curante, che sa che tutto sarà svolto da persone esperte, aumentano la possibilità di personalizzazione della cura e quella di aumentare la qualità della vita del paziente e della famiglia. Naturalmente è importante che tutte le attività legate ai prelievi (la centrifugazione e il congelamento dei campioni di sangue destinati ai delicati test di coagulazione necessari per definire il profilo farmacocinetico del paziente) siano gestiti al meglio secondo stretti protocolli metodologici.Altri aspetti importanti, per le famiglie di questi pazienti, sono l’addestramento alla somministrazione delle terapie eseguito a domicilio senza doversi spostare e nelle ore più convenienti, e il supporto di un fisioterapista esperto in queste patologie a domicilio.

-Quali sono le principali sfide che dovranno affrontare i provider di programmi di supporto al paziente per rispondere a questi bisogni? 

Credo che la sfida principale sia quella della difficoltà di trasferire a domicilio del paziente determinate procedure che sono tipiche invece di attività in un centro specialistico ospedaliero e mi riferisco al prelievo di sangue, alla sua centrifugazione e congelamento così come la conservazione delle aliquote e infine consegna delle stesse al laboratorio secondo standard e parametri molto stringenti.

Tutte procedure che devono seguire protocolli e stretti criteri di qualità al fine di consentire quelle delicate analisi di laboratorio come i dosaggi del fattore VIII e del Fattore IX in maniera affidabile per favorire quella personalizzazione della cura di cui abbiamo parlato prima, ottimizzando l’utilizzo di prodotti estremamente avanzati.

 

Il punto di vista di HNP, due quesiti a Gianni Belletti: 

 -Perché per un provider internazionale di soluzioni per l’healthcare come HNP è importante stipulare una convenzione con un Istituto quale il Gaslini con un forte orientamento alla formazione?

La strategia di HNP è di progettare e gestire iniziative di valore per tutti gli stakeholders. Tale visione, soprattutto nell’ambito di patologie complesse, è ottenibile esclusivamente ponendo come primo requisito la qualità dei nostri progetti.

In questo senso l’Istituto Gaslini, con tutte le competenze di cui dispone, può fornire il supporto necessario per validare le procedure e i protocolli che la nostra direzione medica e i nostri lead infermieristici e fisioterapici producono. Inoltre, la presenza di ricercatori di fama internazionale nel team dell’Istituto Gaslini, ci consente di poter disporre delle migliori risorse per formare tutti i nostri operatori. Ulteriormente, HNP, pur essendo un operatore privato, ripone grande attenzione nello sviluppo di collaborazioni sinergiche con gli Enti Pubblici, le Università e i Centri di Ricerca.

-Quali sono le tipologie di training di approfondimento e le attività di formazione fondamentali per gli operatori di HNP?

All’interno del team di HNP operano differenti professionalità sanitarie (medici, infermieri, fisioterapisti, psicologi) che sono impegnati in progetti che spaziano tra le più diverse aree terapeutiche (da quelle ultra rare alle cosiddette grandi cronicità). Conseguentemente, è necessario garantire un costante aggiornamento in merito alle nuove terapie disponibili e ai più recenti standard assistenziali.

Inoltre, riponiamo una grande attenzione a tutte quelle competenze che potremmo riassumere con il termine “soft skills” al fine di poter fornire ai destinatari dei nostri servizi un supporto professionale, ma al contempo capace di poter instaurare un rapporto empatico.

Drug Delivery, analizzarne l’andamento per comprendere le prospettive future

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Assicurare la continuità terapeutica, agevolare il paziente evitandogli costi legati agli spostamenti verso la farmacia, facilitare il lavoro delle farmacie e del SSN – sono solo alcuni dei vantaggi che uno strutturato servizio di consegna a domicilio della terapia può garantire. Ma cosa ci ha insegnato questa emergenza sanitaria? Quali sono gli aspetti della drug delivery da migliorare?

Durante i mesi di lockdown sono stati attivati numerosi programmi di drug delivery che evitassero alle persone fragili affette da patologie gli accessi alle strutture sanitarie per ritirare il farmaco alla farmacia ospedaliera.

Healthcare Network Partners ha avviato 7 progetti di consegna domiciliare del farmaco con qualche centinaio di pazienti assistiti e oltre 700 consegne effettuate.

Drug delivery, alcune difficoltà

Nonostante il 97% dei pazienti che hanno beneficiato del servizio di drug delivery gestito da HNP sia stato molto soddisfatto del servizio ricevuto e il 40% abbia manifestato di gradire una possibile continuità di tale supporto oltre il periodo emergenziale, avviare i programmi di consegna a domicilio dei farmaci si è rivelato difficile e spesso impossibile: rispetto al potenziale cluster di Enti che potevano essere interessati al progetto, circa l’80% ha scelto di non aderire.

Sin da subito alcune Regioni hanno respinto il supporto offerto da provider privati per paura che si potessero creare situazioni di iniquità tra pazienti con la stessa patologia, ma afferenti a terapie farmacologiche differenti. Altre ancora si sono organizzate in autonomia con la Croce Rossa Italiana, in collaborazione con Federfarma e Assofarm intensificando il servizio totalmente gratuito di consegna farmaci a domicilio a favore delle persone vulnerabili.

In merito a questo, Gianni Belletti, Country Manager di Healthcare Network Partners, sottolinea che: “Viste le necessità impellenti dettate dal periodo emergenziale, penso che anche queste Regioni avrebbero potuto attivare servizi di drug delivery supportati dall’Industria, beneficiando in questo modo di risorse aggiuntive (chiaramente fissando come di fatto gli compete le regole per realizzare tale supporto) da poter affiancare a quelle organizzate con la Croce Rossa Italiana. In questo modo si sarebbero resi disponibili maggiori opportunità per aumentare il perimetro delle patologie e/o dei pazienti a cui offrire tale supporto”.

Al contempo, non tutte le unità operative coinvolte hanno aderito ai programmi di drug delivery per timore di un incremento repentino del lavoro in un periodo già particolarmente critico a causa dell’emergenza sanitaria. “Per agevolare il più possibile le unità operative coinvolte, abbiamo proposto un servizio di ritiro personalizzato adattandoci alle esigenze delle singole realtà- prosegue Gianni Belletti-. Volevamo evitare che strutture già gravate da un’importante mole di lavoro dovessero adattare le loro routine operative alle esigenze dei diversi programmi di drug delivery”.

Inoltre, alcuni dei pazienti che avrebbero potuto far parte dei programmi di consegna domiciliare del farmaco hanno preferito non aderire e recarsi personalmente ai Centri Clinici di riferimento sia per reticenza nei confronti di nuove modalità di gestione della consegna dei loro farmaci, sia come occasione per evadere dalla serrata realtà domestica.

Le prospettive future della consegna a domicilio dei farmaci

Quante difficoltà hanno influenzato la sperimentazione di questo genere di servizio e che cosa può essere fatto in futuro nell’ambito della drug delivery?

Flessibilità, personalizzazione dei programmi, nonché capacità di ascoltare la voce delle Associazioni Pazienti sono alcuni degli ingredienti necessari per avviare in futuro servizi stabili e continuativi di drug delivery per un numero sempre maggiore di farmaci. “Senza lo stress e le pressioni dettate dalla contingenza emergenziale, sarebbe opportuno avviare un tavolo congiunto con tutti gli stakeholder direttamente coinvolti in questo genere di servizio -propone Gianni Belletti -. In questo modo si potrebbero analizzare le attività svolte durante la pandemia e riflettere su setting e logiche da implementare nei futuri programmi di drug delivery”.

Al fine di superare le titubanze legate ai supporti offerti dalle aziende farmaceutiche, si potrebbero stilare dei principi e degli standard funzionali a delineare quelle che possono essere i requisiti ritenuti necessari dagli Enti e dalle Amministrazioni come garanzia di efficienza da parte di chi offre il servizio di drug delivery.

Inoltre, in attesa di un’auspicabile armonizzazione legislativa che favorisca il passaggio di farmaci ospedalieri in distribuzione diretta, occorre un ripensamento di alcune modalità operative routinizzate verso modalità più flessibili e capaci di adattarsi al meglio a quelle che sono le reali esigenze dei pazienti.

 

 

 

 

 

Unmet needs nell’healthcare: cosa sono, come si rilevano e perché si analizzano

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Quando si parla di unmet needs nel settore della salute è necessario distinguere tra quelli che riguardano la sfera medical e quelli che si focalizzano sul social care: i primi riguardano il bisogno clinico e di supporto funzionale, i secondi i bisogni ancillari alla terapia per i cui i programmi di supporto al paziente possono rappresentare una risposta.

Tecniche di rilevazione

La rilevazione degli unmet needs dei pazienti si basa sia su metodologie quantitative che qualitative utili, prima per delineare e poi per classificare, quelli che sono i bisogni e le aspettative dei pazienti durante i principali touchpoints della loro journey. Si parte dall’analisi degli “existing data”, su cui è possibile impostare un’osservazione più estensiva ed esaustiva prima di rilevare su un nuovo campione di dati ancora da acquisire.

Per individuare le aree di bisogno da indagare e in modo particolare i touchpoints su cui concentrare la ricerca più approfondita, vengono utilizzati in primo luogo degli strumenti qualitativi quali, per esempio, il social listening, le interviste libere e semistrutturate o ancora le ricerche osservazionali sul campo per le quali sono gli stessi ricercatori a calarsi personalmente nella quotidianità dei pazienti. Il social listening, in particolare, permette di monitorare le conversazioni online. I blog delle associazioni pazienti, le relative pagine Facebook e altre forme di commento degli users, rappresentano una fonte importante di informazioni, utile agli attori del settore healthcare per delineare necessità non sempre riscontrabili in altre tipologie di indagine.

Anche le interviste libere o quelle semi-strutturare sono un ottimo modo per identificare gli unmet needs dei pazienti; tramite un approccio semi formale, è possibile individuare i punti emblematici su cui impostare un’indagine più approfondita.

Una volta condotta la prima indagine sulle aree di bisogno è importante proseguire con un’attività di ricerca quantitativa, che ha la funzione di validare quanto emerso precedentemente.

Tra i vari strumenti la survey è una dei più utilizzati. Associazioni di parole positive e negative con la malattia, quesiti che permettono di raggruppare le difficoltà nella gestione della terapia, nonché domande che esplicitamente richiedono l’opinione del paziente sui servizi a lui indirizzati, sono solo alcuni dei possibili interrogativi che vengono posti durante i questionari.

Ma al termine di un processo così strutturato qual è il deliverable? Quali sono gli obiettivi che sottendono questa attività di analisi?

Unmet needs, il ruolo del Sistema Sanitario e dell’Industria

Gli obiettivi sono molteplici e si possono analizzare dal punto di vista di chi decide di portare avanti questa analisi.

Perchè il Sistema Sanitario Nazionale è interessato a rilevarli?

Perché sono proprio i bisogni degli utilizzatori che devono guidare gli investimenti regionali in servizi per la Salute. Valutare se per un paziente cronico è più utile una facilitazione all’accesso presso il Centro Clinico di riferimento o una più fluida e accessibile fruizione dell’offerta del proprio Medico di medicina generale, è fondamentale per comprendere l’opportuna allocazione delle risorse in campo sanitario.

E l’Industria?

È sulla base degli unmet needs di pazienti e medici che è definita un’efficace strategia di servizio, che sappia generare valore per gli users e consenta all’Industria di marcare il proprio posizionamento ottimizzando la creazione di servizi pubblici e privati in campo sanitario.

L’esperienza di Healthcare Network Partners

 In questo ambito si inserisce l’indagine svolta da HNP su un gruppo di pazienti affetti da malattia da accumulo lisosomiale coinvolti in un programma di home therapy.

In primo luogo sono state individuate le aree di bisogno da indagare focalizzandosi sui touchpoints da approfondire con tecniche quantitative.

In merito alla tecnica utilizzata, l’intervista de visu semi strutturata con gli infermieri è stata utile per ottenere indicazioni rispetto al vissuto dei pazienti tenendo conto di quanto sia importante la narrazione di malattia attraverso un facilitatore che ha accompagnato alcuni dei momenti più emblematici della journey.

Affianco a questo, sono state condotte sia delle interviste libere ai pazienti con un’osservazione più qualitativa, sia un questionario per analizzare in modo più sistematico i bisogni individuati.

I risultati dell’indagine hanno permesso di ottenere una scala dei principali bisogni dei pazienti che rappresentano la base solida e concreta su cui strutturare e innovare programmi di supporto in linea con le loro esigenze.

Strutturare uno studio sugli unmet needs rappresenta una valida opportunità di mettere in campo soluzioni innovative e su misura in ogni fase del patient journey.

 

PSP, la New Normal nel Supporto al Paziente

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 In che modo il mondo healthcare potrà rispondere ai bisogni emergenti di quella che molti definiscono come la “nuova normalità” a seguito della fase acuta dell’emergenza sanitaria?

Come Steve Brown (autore di The Innovation Ultimatum: How Six Strategic Technologies Will Reshape Every Business in the 2020s) sottolinea rispondendo ad alcune domande del giornalista di Forbes: “We are a resilient, adaptable, and innovative species”.

Come si applica tutto ciò al contesto sanitario? Quali saranno quindi le soluzioni introdotte dai provider internazionali per costruire programmi di supporto al paziente “resilienti, adattabili e innovativi” rispetto al nuovo scenario post emergenza? Come sta evolvendo il concetto di PSP in questa fase transitoria?

New Normal in ambito sanitario

Distanziamento sociale, protocolli per una corretta igiene, utilizzo dei DPI e piani di gestione delle emergenze sono alla base di quella che è la transizione verso la “nuova normalità” del sistema sanitario dei prossimi mesi.

I diversi attori dell’healthcare dovranno collaborare per creare un metodo coordinato di utilizzo delle strutture ospedaliere, ma soprattutto di gestione delle cronicità. Prese in carico, terapie e follow-up saranno gestite sempre più con un mix equilibrato e consapevole di telemedicina e visite face-to-face.

Anche i sistemi informativi e la digitalizzazione potranno offrire vantaggi significativi nell’erogazione delle cure per garantire l’accessibilità sia lato Clinico al monitoraggio da remoto dei proprio assistiti, sia lato paziente ai consulti con il proprio Specialista di riferimento.

COVID-19, i PSP prima e durante l’emergenza

Drug delivery, home therapy, training, monitoraggio e telemedicina: le sfide da affrontare per i provider di programmi di supporto al paziente in questo periodo non sono state poche. Per rispondere in modo strutturato e integrato ai bisogni emergenti, grazie alla user experience e a un attento ascolto dei pazienti, i provider hanno pensato, progettato e integrato mix di componenti.

Tra questi, per garantire la continuità terapeutica e per limitare il rischio di contagio riducendo gli accessi non necessari al Centro, Healthcare Network Partners ha avviato numerosi progetti di Drug Delivery per recapitare i farmaci direttamente al domicilio del paziente. Prima della pandemia, questo genere di PSP non era molto diffuso, ma con il lockdown questa attività si è dimostrata fondamentale per garantire la continuità terapeutica.

Per quanto riguarda l’home therapy, è stato necessario cambiare alcune modalità rendendole a distanza sia nella raccolta delle informazioni sia nell’interazione con gli utenti del servizio. In particolare, nonostante il valore imprescindibile della presa in carico del paziente con un incontro di persona al Centro Clinico, la visita è stata trasformata in un teleconsulto con il Medico Specialista ed è stata affiancata da una videochiamata al primo accesso domiciliare tra il Medico di programma e il paziente.

Nelle Regioni che prima del lockdown non consentivano l’attivazione di PSP, durante il periodo emergenziale, HNP ha strutturato, avviato e reso disponibile in poche settimane diversi Programmi di Supporto al Paziente, applicando gli standard di qualità di servizio già presenti nelle altre regioni, con una vera e propria logica ready to go.

Anche i programmi di training hanno subito delle variazioni: per alcune patologie ed esigenze specifiche, prima del periodo emergenziale, si era scelta la forma di addestramento domiciliare, ma durante il lockdown sono stati implementati sistemi di video visita.

Per quanto riguarda il monitoraggio, il lavoro di HNP è stato capillare. Grazie al suo network di professionisti, è stato possibile rendere i protocolli più flessibili. Si è deciso infatti di aumentare la frequenza delle chiamate con Specialisti di riferimento e di attivare sportelli di supporto emotivo dove non erano presenti, per alleggerire il carico emotivo di pazienti fragili accentuato dal peculiare momento di isolamento.

Infine, dettati dalla necessità di avere delle soluzioni standardizzate, affidabili e scalabili, ma affiancate a supporti personalizzati che tenessero conto del digital divide, sono stati avanzati dei progetti di Telemedicina.

Ed è proprio questo nuovo modo di pensare al supporto che servirà come base per la strutturazione di PSP sempre più in linea con i bisogni emergenti della “New Normal” in ambito sanitario.

 

Il digitale a supporto della terapia: cosa abbiamo imparato dal COVID-19

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Come avremmo vissuto il lockdown se fosse capitato 10 o 20 anni fa? Grazie all’accessibilità e alla facilità di utilizzo di strumenti tecnologici in grado di accorciare le distanze, molte persone sono riuscite a consultare il proprio medico, a continuare a lavorare e studiare, nonché a rimanere in contatto con i propri affetti.

Ed ecco che ogni dispositivo digitale è diventato il mezzo con cui annullare le distanze, specialmente nel settore healthcare. Skype, Facetime, Whatsapp, Zoom, Meet sono stati solo alcuni degli strumenti che hanno riempito le nostre giornate permettendo di mantenerci connessi, proseguire le nostre attività di lavoro, ma soprattutto rendere possibile la continuità delle cure. Nel mondo healthcare infatti questi strumenti digitali, indipendentemente da quelle che erano le indicazioni iniziali, sono stati ampiamenti usati “off-label” con grande beneficio di operatori e pazienti. Questi ultimi si sono resi conto che gli strumenti digitali, videoconsulto / videovisita in primis, sono accessibili, dove serve, quando serve, in maniera tempestiva e conveniente, consentono di garantire una continuità operativa e terapeutica mai immaginata prima.

Una recente pubblicazione ha analizzato come l’erogazione delle cure primarie in Catalogna e l’inversione del numero delle visite tra l’incontro “Face-to-Face” e il teleconsulto sono mutati in maniera repentina e drastica durante il primo mese e mezzo di lockdown.

I progetti del mondo farmaceutico per supportare la trasformazione digitale

Questa veloce evoluzione non è rimasta inosservata dal mondo farmaceutico che immediatamente ha avviato, in collaborazione con provider qualificati, progetti per supportare questa trasformazione digitale con azioni sia tecnologiche che educazionali a beneficio dei principali stakeholders: pazienti e medici.

Per applicare al meglio i protocolli di prevenzione e per ridurre i rischi legati allo spostamento delle persone, molti servizi offerti dalle strutture mediche sono stati ripensati per permettere ai pazienti di incontrare il proprio Specialista di riferimento con una videochiamata, senza necessariamente recarsi di persona in ambulatorio. Per quanto riguarda il PSP, sono stati messi in atto protocolli per minimizzare il contatto utilizzando le stesse videochiamate o, laddove la popolazione non sia tecnologicamente preparata, delle chiamate telefoniche.

Globale e locale, una risposta integrata  

La magnitudine di questa rivoluzione digitale è stata tale da provocare anche una risposta veloce del mondo della Pubblica Amministrazione: la regione Toscana e il Veneto hanno deliberato atti di adozione e inserimento delle prestazioni eseguibili in Telemedicina nel Nomenclatore Tariffario Regionale equiparandole, nei fatti, alle prestazioni erogate in maniera tradizionale.

Tuttavia, questa situazione ha fatto emergere l’importanza di affiancare a un’azione mirata locale, una risposta integrata più ampia che coinvolgesse più Stati nel Mondo.

Per questo motivo, provider qualificati dal know-how internazionale si sono rivelati perni fondamentali per garantire soluzioni digitalizzate nel rispetto delle normative vigenti nei diversi territori.

Una spinta verso il futuro?

Chatbot, visite online, videoconferenze, webinar e geolocalizzazione. Sono solo alcune delle opportunità date dai servizi IT e che il mondo helthcare può introdurre in uno slancio verso un futuro che porti a benefici tangibili. Le relazioni tra medico, paziente, infermieri e Associazioni, non potranno che essere guidate alla luce di quelle che sono le offerte tecnologiche dell’ultimo decennio.

I risultati di questi importanti passi verso un’apertura del Sistema Salute a un utilizzo massiccio delle tecnologie saranno visibili solo nel tempo, ma quello che conta è che la tecnologia abbia permesso di portare avanti la continuità di cura in un momento sofferente come quello generato dal Covid-19.

 

Il counselling psicologico ai tempi del Covid-19: strumenti e tecniche per il supporto

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L’emergenza sanitaria dettata dalla pandemia ha portato con sé numerosi stressor (elementi fonte di stress) con effetti ancora più marcati su determinate categorie a rischio.

La necessità di limitare gli spostamenti e il conseguente isolamento all’interno delle mura domestiche, la paura del contagio e la messa in atto dei comportamenti di prevenzione, il distanziamento sociale e più in generale una quotidianità sensibilmente mutata, hanno aumentato la pressione psicologica su tutta la popolazione e, in misura rilevante, sui pazienti con malattie croniche e i loro caregiver.

A partire dalla periodica visita di controllo in ospedale con il proprio medico di fiducia fino alla sospensione dei centri diurni, il paziente e i suoi famigliari si trovano ad affrontare un necessario processo di adattamento a cui si contrappongono anche l’invadente sensazione di vulnerabilità verso una malattia che può essere asintomatica e la paura di contrarre il virus e di trasmetterlo ai propri cari.

Si delinea perciò uno scenario ricco di nuove emozioni e di nuovi pensieri per il paziente e il caregiver, che in molti casi sperimentano intensi e prolungati stati d’ansia capaci di sfociare in attacchi di panico, in meccanismi di controllo ossessivi o in eccessive canalizzazioni degli stati emotivi attraverso il cibo.

Nell’ottica di un approccio multidisciplinare, in questa situazione straordinaria, lo psicologo agisce con un duplice ruolo: verso il paziente, offrendo sostegno e supporto psicologico e psicoeducativo e nei confronti della famiglia e della rete di supporto come facilitatore della comunicazione e della relazione.

Gli strumenti validi sempre – in aggiunta al classico supporto di persona – vanno dal sostegno a distanza, il cui obiettivo primario deve essere quello di favorire una migliore regolazione delle emozioni e contenere i vissuti d’ansia e paura specifici di questo momento, all’implementazione delle reti di supporto sociale attraverso la creazione di gruppi virtuali che offrano uno spazio di condivisione e sostengano la condivisione, riducendo l’isolamento sociale.

Per offrire un supporto adeguato al contesto emergenziale, è quindi fondamentale identificare quelle modifiche della routine che provocano disagio e un’alterata sensibilità nei confronti della patologia e dell’ambiente circostante, attivando nuove forme di sostegno che sfruttino metodi e mezzi di comunicazione alternativi.

Un esempio di come il supporto psicologico debba adattarsi alle nuove condizioni imposte dalla pandemia è il caso di Maria*, affetta da patologia cronica, la cui modifica della prassi terapeutica di somministrazione e le necessarie precauzioni aggiuntive adottate dai caregiver hanno portato a un improvviso innalzamento dei livelli d’ansia che ha generato frequenti attacchi di panico.

Nel contesto domestico, e ancora di più oggi in cui tutti si trovano spesso insieme in casa, la privacy può essere molto limitata, per cui con Maria siamo ricorsi a quello che abbiamo chiamato insieme “il bollettino”: un tipo di supporto centrato sul riconoscimento delle emozioni e sulla loro mentalizzazione, effettuato tramite uno scambio di e-mail a cadenza regolare.

Per i momenti più critici abbiamo invece fatto uso di brevi telefonate, che hanno permesso anche l’utilizzo di specifiche tecniche di respirazione e di grounding (radicamento) per affrontare i fenomeni più acuti legati alla gestione dell’ansia.

Fondamentale è stato poi sostenere anche il nucleo familiare nella co-gestione della cronicità, favorendo lo scambio con gli operatori sanitari così da garantire continuità al processo terapeutico-assistenziale e rinforzare le risorse della famiglia e della rete di supporto.

*(nome di fantasia)

Digital health, la rivoluzione digitale della sanità al tempo del COVID-19

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Chatbot, visite online, videoconferenze, webinar e geolocalizzazione. Durante l’emergenza COVID-19 il mondo healthcare si affida alle opportunità offerte dai servizi digitali per garantire la continuità operativa nel rispetto della sicurezza di medici e pazienti.

In prima linea a fronteggiare l’emergenza Coronavirus ci sono medici, infermieri e operatori che insieme a tante altre figure professionali del panorama sanitario, stanno cercando di assicurare le cure adeguate a tutte le persone che ne hanno bisogno.

Compito molto difficile in un momento come questo. L’accesso limitato a dispositivi di protezione individuale come mascherine, guanti e occhiali protettivi, la necessità di continuare percorsi terapeutici fondamentali per alcune categorie di pazienti e la volontà di contrastare il diffondersi di questo virus con tutti i mezzi possibili, hanno portato gli operatori del mondo healthcare ad approfondire e a sperimentare l’utilizzo di alcune tecnologie digitali.  Tra queste vi sono le videoconferenze, le visite online, i chatbot e i webinar che già in molti contesti lavorativi sono ampiamente adottati, ma in questa situazione contingente si sono rivelati elemento di svolta per affrontare questa emergenza.

La tecnologia per essere vicini da remoto

Ci sono dei percorsi terapeutici che devono essere effettuati in presenza, ma esistono molti altri servizi e programmi di supporto alla persona che possono essere mantenuti attivi sfruttando i servizi digitali di connessione da remoto e i software per webinar e videoconferenze.

“La mia professionalità è ancora a loro disposizione, ma a distanza. Per proteggerli – così racconta Sarah, infermiere di home therapy che segue alcuni pazienti in programmi di home training e monitoraggio-. Devo spiegare loro che per un po’ non ci vedremo, ma che ci sentiremo e che sono sempre a loro disposizione, solo dietro a un telefono”.

Per applicare al meglio i protocolli di prevenzione e per ridurre i rischi legati allo spostamento delle persone, molti servizi offerti dalle strutture mediche e numerosi Programmi di Supporto al Paziente sono stati ripensati per permettere ai pazienti di incontrare il proprio Specialista di riferimento con una videochiamata, senza necessariamente recarsi di persona in ambulatorio. Per quanto riguarda il PSP, sono stati messi in atto protocolli per minimizzare il contatto utilizzando le stesse videochiamate o, laddove la popolazione non sia tecnologicamente preparata, delle chiamate telefoniche.

Gli Informatori Scientifici del Farmaco e gli Informatori Scientifici che per lavoro vanno abitualmente da ambulatorio ad ambulatorio e da ospedale a ospedale per incontrare medici, farmacisti e altri operatori, oltre al pericolo del contagio possono diventare loro stessi fonte di diffusione del virus. Per questo motivo molte case farmaceutiche hanno dovuto fermare le trasferte e gli spostamenti dei propri informatori. Tuttavia, i rapporti che questi ultimi hanno con i medici non possono interrompersi, rimanere in contatto è fondamentale. Per farlo, però, è necessario cambiare le modalità di comunicazione e formazione tradizionali. Agli incontri di persona potranno sostituirsi webinar e strumenti di eLearning che permetteranno agli Informatori di continuare a svolgere il loro lavoro senza andare di persona negli studi medici e nei reparti.

Inoltre, in questo momento di emergenza e quarantena forzata per la maggior parte delle persone, sono tanti i publisher e le società scientifiche nazionali e internazionali che stanno mettendo a disposizione gratuitamente contenuti scientifici fruibili online. Si tratta di un passo importante verso una ricerca più accessibile e aperta.

I chatbot per riconoscere i sintomi e adottare i comportamenti corretti

Un Chatbot è un software capace di conversare con un utente in linguaggio naturale, comprendendone le intenzioni e rispondendo secondo le linee guida e i dati di cui dispone.

Per fronteggiare l’emergenza Coronavirus, dal 7 marzo la Regione Lombardia ha messo a disposizione sul proprio portale un Chatbot che permette di accedere a un percorso guidato il quale, rispetto ai sintomi selezionati, porta alla scelta delle azioni più corrette da compiere, sulla base delle linee guida del Ministero della Salute e degli organi internazionali preposti alla gestione dell’emergenza.

Un mezzo che permette un contatto immediato e diretto per chi è in cerca di informazioni veloci e validate.

La stessa OMS sta lanciando proprio in queste giornate un servizio di messaggistica in partnership con Facebook e Whatsapp che serve per dare risposte alle persone in merito all’emergenza Coronavirus.

 Geolocalizzazione e Big Data per contrastare la diffusione del COVID-19

Utilizzare i Big Data e gli strumenti di geolocalizzazione per valutare velocemente l’effetto delle misure non farmacologiche di contenimento della diffusione del COVID-19 come la riduzione della mobilità e l’incremento della distanza sociale, è stato realizzato da un gruppo di ricercatori dell’ISI di Torino in collaborazione con la società Cuebiq, specializzata in analisi di big data.

Come spiega ai microfoni di diverse testate giornalistiche, Michele Tizzoni dell’ISI Torino, da quando è iniziata l’emergenza (verso il 21 di febbraio) a ora, i ricercatori hanno ricostruito il calo verticale di movimenti e interazioni utilizzando i dati anonimizzati ricavati da alcune applicazioni di uso comune. In questo modo, sono riusciti a costruire grafici e analisi statistiche dell’effetto delle misure attuate dal governo italiano. A questa ricerca si aggiungono numerose proposte di applicazioni in grado di mappare i movimenti degli italiani e l’insorgere di focolai, che stanno arrivando sul tavolo del ministero dell’Innovazione e che la polizia Postale e il Garante della Privacy dovranno valutare in materia di tutela dei dati personali.

Medici e informatici diventano quindi un team unico per cercare di garantire sistemi efficienti, efficaci e sicuri, che riescano a tenere sotto controllo il sovraccarico in momenti di picco come questi, senza però perdere la propria flessibilità.

Tante ancora sono le opportunità offerte dai servizi IT e che il mondo helthcare può introdurre in uno slancio verso un futuro che porti a benefici tangibili rapidamente adottati.