CLINICAL SUPPORT PROGRAM COME STRUMENTO PER SPERIMENTARE LA PARTNERSHIP PUBBLICO PRIVATO

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Avvantaggiarsi della velocità, dei capitali e delle progettualità del settore privato per valorizzare le competenze e il ruolo delle organizzazioni sanitarie. La Partnership Pubblico Privato (PPP) è una forma vincente di cooperazione tra soggetti pubblici (aziende sanitarie) e privati (aziende farmaceutiche) che finanzia, costruisce e gestisce infrastrutture o fornisce servizi di interesse pubblico. In ambito sanitario la PPP può essere sperimentata, prima di essere formalizzata, tramite lo strumento del Clinical Support Program. Per quale motivo? I CSP valutano preliminarmente la sostenibilità e l’efficacia di un servizio, in una sorta di banco di prova a costo zero per il soggetto pubblico, che possa poi trasformarsi in un vero e proprio modello organizzativo-gestionale-assistenziale consolidabile in partenariato.

QUANDO E PERCHÉ NASCE LA PPP

La disciplina normativa della Partnership Pubblico Privato in Italia si è evoluta nel tempo adattandosi ai cambiamenti economici e alle esigenze di modernizzazione delle infrastrutture pubbliche. Il concetto di PPP è stato formalizzato con l’introduzione del Decreto Legislativo n. 163/2006, noto come Codice dei Contratti Pubblici. Questo decreto ha rappresentato il primo tentativo “strutturato” di regolamentare le varie forme di cooperazione tra enti pubblici e privati, ispirandosi alla normativa europea. In particolare, il Codice dei Contratti ha recepito le Direttive Europee 2004/17/CE e 2004/18/CE mettendo a sistema strumenti come la concessione di lavori pubblici e la finanza di progetto (project financing). Un’importante revisione della normativa è poi avvenuta con il Decreto Legislativo n. 50/2016, il 2° Codice dei Contratti Pubblici, che ha recepito le Direttive Europee 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE. Questo Testo unico ha ampliato e aggiornato la regolamentazione della PPP per garantire maggiore trasparenza (rafforzando il ruolo dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, ANAC), concorrenza e flessibilità (semplificando le procedure per favorire il ricorso alla PPP), con un’attenzione specifica alla sostenibilità dei progetti. Infine negli ultimi anni, a causa della crisi economica e della necessità di rilanciare gli investimenti infrastrutturali, sono stati emanati vari provvedimenti per semplificare e velocizzare le procedure di PPP, come la legge n.120/2020 sulle semplificazioni in materia di contratti pubblici e, più recentemente, il D.Lgs. 36/2023 (3° Codice dei contratti pubblici), fino ad arrivare al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che ha dato un forte impulso alla PPP tramite fondi da utilizzare in collaborazione con il settore privato.

PRO E CONTRO DELLA PARTNERSHIP PUBBLICO PRIVATO IN SANITÁ

I vantaggi della PPP:

  • La possibilità di accedere a finanziamenti privati riducendo il peso dell’investimento a carico dell’organizzazione sanitaria pubblica
  • La condivisione dei rischi tra pubblico e privato a favore di una maggiore efficienza gestionale
  • L’opportunità, da parte del settore pubblico, di ampliare la propria offerta di servizi sulla base di input progettuali provenienti dal settore privato.

Le criticità:

  • La complessità delle procedure e la necessità di competenze specialistiche da parte delle aziende sanitarie pubbliche
  • Il rischio di contenziosi e la difficoltà nel mantenere l’equilibrio economico-finanziario
  • L’assenza di tempi certi: la PPP è un processo articolato che richiede lunghi tempi di realizzazione e che spesso fa i conti con esiti incerti dei risultati.

Analizzando le criticità emerge dunque la necessità di lavorare sulla sperimentazione di nuovi modelli assistenziali e organizzativi che, supportati dalla professionalità di un provider in veste di designer e facilitatore, agevolino la progettazione e la gestione di rapporti complessi tra soggetti pubblici e privati. Vediamo in che modo.

IL CSP COME BETA TEST

Nel framework della PPP, il Clinical Support Program si può collocare come beta test di un modello organizzativo-gestionale-assistenziale che ha per protagonisti un soggetto pubblico (l’ente ospedaliero), un soggetto privato (l’azienda farmaceutica che finanzia il progetto) e un healthcare provider in veste di progettista e facilitatore. Ciò che si delinea è una progettualità, definita nel tempo, in cui l’healthcare provider promuove l’iniziativa, la progetta, l’implementa e la sperimenta misurandone l’efficacia e la sostenibilità mediante specifici KPIs. Al soggetto pubblico che aderirà non verrà chiesto di affrontare spese, né di assumersi un rischio di impresa, ma solo di mettere a disposizione il proprio assetto organizzativo ovvero tutto ciò che serve per implementare la progettualità. Al termine del “periodo di prova” (coincidente con la durata del Clinical Support Program) della progettualità saranno valutati gli outcomes tramite i quali sarà possibile determinare l’effettivo valore dell’iniziativa. Stabilita l’efficacia della progettualità, il Soggetto pubblico e privato (a questo punto senza più il supporto dell’healthcare provider) avvieranno assieme un percorso di promozione dell’iniziativa, che consentirà all’ente ospedaliero di ottimizzare e risparmiare risorse.

I CSPs sono dunque un insieme di strategie, iniziative e modelli pensati per affiancare gli/le healthcare professional nella sperimentazione e applicazione di approcci innovativi finalizzati a migliorare gli esiti assistenziali ottimizzando le risorse del Sistema Sanitario.

COME SONO STRUTTURATI

I CSPs includono progetti e iniziative volti a supportare le varie fasi di gestione dei dati, di referral e follow up delle organizzazioni sanitarie. Nello specifico, tramite il data management e l’attività di raccolta, analisi e interpretazione dei dati collegati alle attività assistenziali e di ricerca clinica, si identificano soluzioni e prassi organizzative personalizzate. Tramite i progetti di referral si sviluppa una rete di relazioni e si condividono, a livello territoriale e ospedaliero, pratiche organizzative che agevolano l’individuazione e l’indirizzamento della persona affetta da patologia cronica da parte di un/una professionista (spesso rappresentato da un/una MMG) verso uno/una specialista o un team di specialisti/e. Tramite le iniziative di referral si promuove un monitoraggio periodico e ottimale delle persone affette da patologie croniche, definendo procedure e strumenti attentamente modellati sulle necessità delle figure sanitarie coinvolte.

BEST PRACTICE

Come la PPP può essere un nuovo strumento per la sanità italiana? Lo abbiamo chiesto all’Avvocato Silvia Stefanelli dello Studio Legale Stefanelli&Stefanelli.

«Il PPP è un modello di collaborazione tra pubblico e privato introdotto  da lungo tempo nel nostro ordinamento, ma che ha sempre avuto scarsa applicazione. Il recente Codice degli appalti ha però rovesciato l’ottica di questo modello collaborativo proprio allo scopo di facilitarne l’implementazione. Più esattamente il PPP non è un vero e proprio  istituto giuridico a sé stante,  ma è una operazione economica che può assumere varie vesti giuridiche (a maggior ragione oggi, tenuto conto che lo stesso Codice Appalti ammette all’art. 8 di stipulare contratti “atipici”); più precisamente il PPP mira a instaurare un “rapporto contrattuale” di lungo periodo tra P.A. e privati per il raggiungimento di un risultato di interesse pubblico attraverso un progetto comune, al quale i privati contribuiscano reperendo una parte significativa delle risorse necessarie a realizzarlo ed assumendone gestione e rischio operativo, mentre la parte pubblica ne definisce gli obiettivi e ne verifica l’attuazione. Attraverso questi contratti è possibile per le pubbliche amministrazioni affrontare interventi onerosi anche in situazioni deficitarie di bilancio, ricorrendo all’apporto di imprenditori privati, sia come finanziatori, sia come partner tecnici in grado di offrire il proprio know how per la realizzazione e la gestione di un’opera o di un servizio di interesse pubblico».

Quali potrebbero essere gli ambiti di applicazione di PPP nella sanità italiana?

«Certamente tutti quelli nei quali la pubblica amministrazione necessità di un apporto del privato in termine di progettazione, organizzazione, personale o attrezzature: si pensi ad esempio all’ assistenza domiciliare o ai monitoraggi delle persone in cura. La vera sfida sarà immaginare modelli innovativi di collaborazione che rispondano ad una esigenza di pubblico interesse, ma per il quale il privato possa assumersi non solo la gestione ma anche il rischio d’impresa».

L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE COME LEVA PER IL CAMBIAMENTO E L’INNOVAZIONE

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Il buon governo clinico e la salute delle persone sono oggi considerati i pilastri dell’infrastruttura clinical governance destinata a migliorare la qualità dei servizi e a garantire elevati standard assistenziali favorendo l’eccellenza clinica. Ma come si arriva alla costruzione di una solida infrastruttura in ambito healthcare? Partendo dalla formazione e dall’aggiornamento continuo degli/delle healthcare professional (hcp).

HEALTHCARE EDUCATION: UNA FORMA DI INVESTIMENTO

L’aggiornamento e la formazione continua del capitale umano in ambito healthcare rappresentano un investimento qualitativo nella produzione di servizi sanitari. L’organizzazione lean dell’assistenza, il monitoraggio a distanza delle persone assistite, la personalizzazione dei trattamenti e l’utilizzo delle nuove tecnologie per la diagnostica e la cura rendono oggi indispensabile lo strumento dell’healthcare education. Stimolando il confronto interno al mondo sanitario e privilegiando un approccio responsive in tema di arricchimento professionale e bisogni dei/delle pazienti, l’healthcare education garantisce supporto nel favorire il perfezionamento delle competenze specialistiche collocando gli/le hcp in una dimensione collettiva e condivisa di organizzazione e cultura sanitaria estesa a tutti i livelli decisionali, da quelli centrali a quelli distrettuali. Il risultato? L’innesco di un processo educativo from exploration to application, come definito da PHD Lifescience.

FROM EXPLORATION TO APPLICATION

Mettendo insieme tutte le professionalità coinvolte nel processo educativo e dando a tutte pari dignità e importanza, si sviluppa un pensiero orientato al cambiamento. La trasformazione viene costruita step by step tramite un percorso from exploration to application che valorizza competenze trasversali: clinico-assistenziali, tecniche, digitali, di comunicazione. L’offerta healthcare education proposta da PHD Lifescience punta a rafforzare le skill comunicative e di cooperazione degli/delle hcp migliorando competenze chiave quali abilità di gruppo, flessibilità del ruolo, capacità di risoluzione dei conflitti. Tramite quali strumenti? Per esempio i case studies svolti in team che, mettendo insieme professionalità e scenari diversificati, consentono di condurre valutazioni e identificare potenziali soluzioni; oppure impiegando metodiche didattiche come il problem based learning, basato sulla soluzione di problemi tramite la discussione in piccoli gruppi di discenti assistiti/e da docenti in veste di facilitatori/facilitatrici. Il risultato è la reingegnerizzare dei processi di lavoro degli/delle healthcare professional e la costruzione di un nuovo mindset – in PHD Lifescience frutto del lavoro sinergico tra le Business Unit Education e Consulting – che migliora i servizi sanitari creando valore.

UN PENSIERO STRATEGICO CHE CREA VALORE

L’intero flusso di creazione del valore in ambito healthcare education viene elaborato, grazie al supporto di consulenti esperti/e, su un modello di pensiero strategico che, dopo aver analizzato gli unmet needs, individua le risorse e i mezzi necessari alla realizzazione del progetto, eroga il processo formativo e verifica la coerenza tra risultati attesi e raggiunti tramite il follow up valutando l’impatto dei cambiamenti generati. Il risultato? il miglioramento continuo di un’assistenza centrata sul/sulla paziente che supporta efficacemente gli/le healthcare professional influenzando, modificando e ottimizzando le prassi organizzative dell’organizzazione sanitaria.

FORMAZIONE EVIDENCE BASED E CONSULENZA PER IL REDESIGN DEI SERVIZI SANITARI

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Riprogettare un servizio sanitario abbinando formazione e consulenza significa garantire alle organizzazioni nuovi strumenti per fornire il miglioramento continuo di un’assistenza centrata suə paziente che supporti efficacemente ə healthcare professional. Ma come si struttura questo processo?

LA FORMAZIONE: ANALISI, PROGETTAZIONE, EROGAZIONE E VALUTAZIONE

Il processo formativo è scandito da quattro macro fasi:

  • analisi dei bisogni;
  • progettazione;
  • erogazione; 
  • valutazione.

Ciascuna fase possiede un peso determinante sui risultati dell’azione formativa. Partendo dall’analisi dei bisogni (tramite le interviste, i questionari strutturati e i focus group) si pongono le basi per il raggiungimento degli obiettivi. Seguono poi la progettazione – che definisce le risorse e i mezzi necessari per realizzare il progetto verificando i risultati – e l’erogazione del processo formativo che, tenendo conto delle esigenze delle parti interessate e delle risorse disponibili (umane, infrastrutture e servizi), sviluppa il percorso individuando le modalità di insegnamento, apprendimento e verifica. Infine c’è il follow up, elemento cruciale del processo formativo che, verificando la coerenza tra risultati attesi e raggiunti, valuta l’impatto dei cambiamenti generati utili a individuare eventuali barriere organizzative al raggiungimento degli obiettivi e a innescare la reingegnerizzazione dei processi. 

IL VALORE DELLA CONSULENZA NEL FOLLOW UP

Il processo di redesign, collocabile nella fase di valutazione dell’azione formativa, in PHD Lifescience è frutto del lavoro sinergico tra le Business Unit Education e Consulting. Da un lato, infatti, la BU Education verifica, durante il follow up, come e se gli apprendimenti siano stati trasferiti al lavoro del personale medico e ai processi organizzativi del Centro Clinico, dall’altro la BU Consulting verifica ex post l’efficacia della formazione fornendo, dove necessario, supporto alle strutture sanitarie per reingegnerizzare i processi di lavoro də healthcare professional massimizzando così il valore della continuing education e facendone una leva per il miglioramento dei servizi sanitari. La formazione, pertanto, oltre a fornire base e visione necessarie per la costruzione di un nuovo mindset, offre percorsi multidisciplinari e multiprofessionali inquadrando il tema sia dal punto di vista più strettamente clinico sia considerando gli aspetti tecnologici, di comunicazione, legali ed etici.

IL LEAN THINKING PER IL CAMBIAMENTO E L’INNOVAZIONE

Costruire un nuovo mindset significa dunque incidere sui modelli culturali e cognitivi alla base dell’agire professionale. Con quale obiettivo? Acquisire un diverso atteggiamento e modo di ragionare che accresca la flessibilità e la reattività necessarie a gestire il miglioramento, il cambiamento e l’innovazione attraverso un ripensamento dell’intero flusso di creazione del valore. Con quale strumento? Tramite il lean thinking, un modello di pensiero strategico basato sui principi lean del miglioramento continuo a tutti i livelli dell’organizzazione, dell’impiego ottimizzato delle risorse aziendali e della personalizzazione dei processi. Per generare lean thinking occorre acquisire competenze e conoscenze necessarie a osservare i servizi sanitari in ottica critica, evidenziando gli unmet needs, i gap, gli ostacoli e promuovendo il riesame e il miglioramento delle modalità organizzative dell’assistenza aə paziente tramite il supporto di consulenti espertə.

PEER EDUCATION: NUOVI PERCORSI PER IL MIGLIORAMENTO DELLA PRATICA CLINICA

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Esperienze, persone, strategia: sono le parole chiave della peer education, una metodologia di educazione basata sullo scambio tra pari, tra healthcare professional che condividono conoscenze di pratica clinica proponendo soluzioni. La peer education ha per protagonisti soggetti attivi e non discenti passivi, in cui ciascuno è chiamato a costruire e dare forma ai contenuti della sessione educativa. Cosa genera questo approccio? Un pensiero di sistema.

UN PENSIERO DI SISTEMA CHE GENERA CAMBIAMENTO

L’approccio sistemico in campo education stimola le parti all’interazione permanente. Mettendo insieme tutte le professionalità coinvolte nel processo educativo e dando a tutte pari dignità e importanza, si sviluppa un pensiero orientato al cambiamento. Come si costruisce questa trasformazione? Step by step tramite un percorso from exploration to application, come definito da PHD Lifescience. Prima di tutto si mappano le scelte e i processi attraverso la condivisione di esperienze (explore); si passa poi a migliorare comportamenti e processi di prassi clinica attraverso peer education e approccio interdisciplinare  (improve); si validano accordi e convergenze diagnostico-terapeutiche attraverso dialogo e lavoro di squadra (validate) e infine si verifica l’impatto del cambiamento nella realtà lavorativa attraverso strumenti adeguati e modelli evolutivi (apply). 

CONNETTERSI PER ABBATTERE I SILOS

L’evoluzione delle organizzazioni sanitarie ha fatto emergere negli ultimi anni ruoli organizzativi nuovi, sia in posizioni di staff sia nell’organizzazione delle attività clinico-assistenziali, accelerando lo sviluppo di competenze manageriali anche per ruoli prevalentemente clinici, è il caso per esempio del personale medico che passa alla dirigenza di unità operative sanitarie. In generale, dunque, è cresciuta l’importanza di adeguate competenze trasversali che includono non solo conoscenze clinico-assistenziali, ma anche per esempio tecniche, digitali, di comunicazione. Ecco perché il tema formativo vale a tutti i livelli e la trasformazione deve iniziare dall’alto o il modello “best practice a pop corn” non funziona. Occorre sviluppare una visione trasversale che metta in connessione i temi, abbattendo i silos, facendo inquadrare gli argomenti oltre il perimetro specifico.

CONDIVIDERE ESPERIENZE PER ARRICCHIRE L’APPRENDIMENTO

La fase di condivisione delle esperienze è dunque il primo step della peer education. Ma perché è così importante? Perché permette di condividere l’analisi di casi clinici di particolare interesse scientifico e/o complessità favorendo l’arricchimento dell’apprendimento esperienziale. Riportare all’interno del gruppo coinvolto nel processo educativo l’esperienza clinica personale dei singoli partecipanti significa favorire l’apprendimento dall’errore, offrire spunti di riflessione, ma anche di analisi e correzione dei comportamenti scorretti accelerando la curva di apprendimento.

KNOWLEDGE TO IMPROVE

Il passaggio dallo step explore allo step improve del processo educativo si concretizza tramite i gruppi di miglioramento proposti da PHD Lifescience. Si tratta di gruppi di lavoro interfunzionali e interprofessionali, ovvero con differenti competenze ed esperienze in ambito sanitario, che supportano il percorso di peer education per renderlo sempre più funzionale al miglioramento dei comportamenti e dei processi di prassi clinica interni alle organizzazioni sanitarie. 

LE SFIDE

La sfida è creare, tramite la peer education, nuove linee d’indirizzo per esempio per un miglioramento del percorso clinico-organizzativo di presa in carico delle persone assistite  in termini di efficacia clinica, organizzativa e di qualità del servizio offerto. Come? Rendendo ə healthcare professional, ə specialistə e ə MMG sempre più protagonisti e promotori di best practice  interne alle organizzazioni sanitarie.

INTERDISCIPLINARIETÀ E MULTIDISCIPLINARIETÀ: DUE RISORSE STRATEGICHE PER L’EDUCATION

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Oggi l’Education si basa sullo sviluppo di un modello di apprendimento che rivolgendosi aə singolə healthcare professional lə colloca in una dimensione collettiva e condivisa di organizzazione sanitaria volta al raggiungimento di un obiettivo comune: il buon governo clinico e la salute delle persone. Tramite i due approcci interdisciplinare e multidisciplinare il personale sanitario acquisisce, da un lato, una variegata conoscenza di concetti e principi (interdisciplinarietà) garantendo una presa in carico unitaria də pazienti e, dall’altro, migliora e incentiva il dialogo, la collaborazione e lo scambio di competenze tra le diverse professionalità sanitarie (multidisciplinarietà) per affrontare al meglio la risoluzione di situazioni e problematiche.

UNA RETE MULTIPROFESSIONALE

L’azione chiave per innescare la trasformazione del modello formativo è costruire una rete della formazione che sia multiprofessionale. Come? Coinvolgendo le varie figure sanitarie, con punti di vista e inquadrature professionali differenti (da quelle prettamente cliniche a quelle tecnologiche, comunicative ed etiche). Secondo quanto teorizzato dal professor Hugh Petrie dell’University at Buffalo®, State University of New York ottimizzare il processo formativo significa esplorare nuove discipline ponendosi con atteggiamento curioso, aperto e avventuroso nei confronti də colleghə di altre discipline. Ma perché è così importante creare connessioni?

CONNETTERSI PER ABBATTERE I SILOS

L’evoluzione delle organizzazioni sanitarie ha fatto emergere negli ultimi anni ruoli organizzativi nuovi, sia in posizioni di staff sia nell’organizzazione delle attività clinico-assistenziali, accelerando lo sviluppo di competenze manageriali anche per ruoli prevalentemente clinici, è il caso per esempio del personale medico che passa alla dirigenza di unità operative sanitarie. In generale, dunque, è cresciuta l’importanza di adeguate competenze trasversali che includono non solo conoscenze clinico-assistenziali, ma anche per esempio tecniche, digitali, di comunicazione. Ecco perché il tema formativo vale a tutti i livelli e la trasformazione deve iniziare dall’alto o il modello “best practice a pop corn” non funziona. Occorre sviluppare una visione trasversale che metta in connessione i temi, abbattendo i silos, facendo inquadrare gli argomenti oltre il perimetro specifico.

COMUNICAZIONE E COOPERAZIONE

La sfida è il passaggio da un’organizzazione assistenziale costruita attorno a una figura e a una disciplina di riferimento, ad una dimensione ulteriore, rappresentata dal lavorare insieme con una sorta di “attenuamento dei ruoli”, ovvero una non focalizzazione sui ruoli professionali. Tramite la formazione multidisciplinare e interdisciplinare, proposta da PHD Lifescience, ə healthcare professional rafforzano le skill comunicative e di cooperazione migliorando competenze chiave quali abilità di gruppo, flessibilità del ruolo, capacità di risoluzione dei conflitti. In che modo? Utilizzando, per esempio, lo strumento del case study svolto in team che, mettendo insieme scenari e professionalità diversificati, consente di condurre valutazioni identificando potenziali soluzioni; oppure sviluppando metodiche didattiche come il problem based learning, basato sulla soluzione di problemi tramite la discussione in piccoli gruppi di discenti assistitə da docenti in veste di facilitatorə. 

LA GAMIFICATION NELL’EDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINA

 

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L’utilizzo del gioco nel contesto della formazione dei professionisti della salute.

Diversi studi pubblicati su riviste scientifiche internazionali hanno evidenziato i potenziali benefici dell’utilizzo del gioco nel contesto della formazione dei professionisti della salute.

I giochi promuovono l’apprendimento, aumentano il coinvolgimento, consentono di potenziare la collaborazione e di ottenere feedback rapidi che permettono ai giocatori di testare diverse ipotesi e imparare dalle loro azioni, offrono l’opportunità di un processo decisionale privo di rischi, migliorano l’analisi dell’apprendimento. I giochi forniscono anche strumenti di autovalutazione come il punteggio e il raggiungimento di livelli progressivi. Inoltre, all’acquisizione di conoscenze, il gioco abbina lo sviluppo di abilità personali e sociali.

Con “applied game” si intende l’applicazione del gioco all’ambito educativo, nel quale può assumere diverse forme: simulazioni, serious game, palestre virtuali.

La pluralità dei giochi e delle esperienze nel giocare non è tuttavia adottabile in modo indistinto nel contesto della formazione in medicina. È necessario individuare un preciso bisogno formativo che possa essere efficacemente tradotto in modalità gioco. I criteri di progettazione del gioco influenzano, infatti, l’efficacia dei risultati di apprendimento¹, in particolare in ambito medico.

La progettazione di percorsi didattici in campo sanitario deve tenere conto di alcuni principi:

  • l’apprendimento è facilitato se la didattica si svolge in un contesto pertinente e realistico;
  • l’apprendimento è un processo collaborativo, nel quale i discenti manifestano i loro bisogni e mettono a fattor comune le loro esperienze;
  • occorre valorizzare l’esercizio del pensiero critico, della flessibilità, dell’orientamento al problem solving, del lavoro in team;
  • è importante sperimentare ex ante ed allenare le capacità di decisione e/o di utilizzo di specifici strumenti.

La formazione continua si pone infatti come obiettivo primario la modifica della pratica professionale e non solo l’acquisizione di conoscenze e skills.

Agudelo-Londoño S, González RA, Pomares A, et al. A systematic review about serious games for medical education. The role of effective design. Revista Cubana de Educación Médica Superior. 2019;33(2):1-16.