Il counselling psicologico ai tempi del Covid-19: strumenti e tecniche per il supporto
L’emergenza sanitaria dettata dalla pandemia ha portato con sé numerosi stressor (elementi fonte di stress) con effetti ancora più marcati su determinate categorie a rischio.
La necessità di limitare gli spostamenti e il conseguente isolamento all’interno delle mura domestiche, la paura del contagio e la messa in atto dei comportamenti di prevenzione, il distanziamento sociale e più in generale una quotidianità sensibilmente mutata, hanno aumentato la pressione psicologica su tutta la popolazione e, in misura rilevante, sui pazienti con malattie croniche e i loro caregiver.
A partire dalla periodica visita di controllo in ospedale con il proprio medico di fiducia fino alla sospensione dei centri diurni, il paziente e i suoi famigliari si trovano ad affrontare un necessario processo di adattamento a cui si contrappongono anche l’invadente sensazione di vulnerabilità verso una malattia che può essere asintomatica e la paura di contrarre il virus e di trasmetterlo ai propri cari.
Si delinea perciò uno scenario ricco di nuove emozioni e di nuovi pensieri per il paziente e il caregiver, che in molti casi sperimentano intensi e prolungati stati d’ansia capaci di sfociare in attacchi di panico, in meccanismi di controllo ossessivi o in eccessive canalizzazioni degli stati emotivi attraverso il cibo.
Nell’ottica di un approccio multidisciplinare, in questa situazione straordinaria, lo psicologo agisce con un duplice ruolo: verso il paziente, offrendo sostegno e supporto psicologico e psicoeducativo e nei confronti della famiglia e della rete di supporto come facilitatore della comunicazione e della relazione.
Gli strumenti validi sempre – in aggiunta al classico supporto di persona – vanno dal sostegno a distanza, il cui obiettivo primario deve essere quello di favorire una migliore regolazione delle emozioni e contenere i vissuti d’ansia e paura specifici di questo momento, all’implementazione delle reti di supporto sociale attraverso la creazione di gruppi virtuali che offrano uno spazio di condivisione e sostengano la condivisione, riducendo l’isolamento sociale.
Per offrire un supporto adeguato al contesto emergenziale, è quindi fondamentale identificare quelle modifiche della routine che provocano disagio e un’alterata sensibilità nei confronti della patologia e dell’ambiente circostante, attivando nuove forme di sostegno che sfruttino metodi e mezzi di comunicazione alternativi.
Un esempio di come il supporto psicologico debba adattarsi alle nuove condizioni imposte dalla pandemia è il caso di Maria*, affetta da patologia cronica, la cui modifica della prassi terapeutica di somministrazione e le necessarie precauzioni aggiuntive adottate dai caregiver hanno portato a un improvviso innalzamento dei livelli d’ansia che ha generato frequenti attacchi di panico.
Nel contesto domestico, e ancora di più oggi in cui tutti si trovano spesso insieme in casa, la privacy può essere molto limitata, per cui con Maria siamo ricorsi a quello che abbiamo chiamato insieme “il bollettino”: un tipo di supporto centrato sul riconoscimento delle emozioni e sulla loro mentalizzazione, effettuato tramite uno scambio di e-mail a cadenza regolare.
Per i momenti più critici abbiamo invece fatto uso di brevi telefonate, che hanno permesso anche l’utilizzo di specifiche tecniche di respirazione e di grounding (radicamento) per affrontare i fenomeni più acuti legati alla gestione dell’ansia.
Fondamentale è stato poi sostenere anche il nucleo familiare nella co-gestione della cronicità, favorendo lo scambio con gli operatori sanitari così da garantire continuità al processo terapeutico-assistenziale e rinforzare le risorse della famiglia e della rete di supporto.
*(nome di fantasia)