Essere un infermiere di home therapy ai tempi del Coronavirus: la storia di Davide
Essere un infermiere domiciliare non significa unicamente assistere una persona in un ambiente esterno a quello ospedaliero: è importante non dimenticare il significato di entrare per necessità nel mondo di qualcuno, nella sua vita, nei suoi spazi, essere parte di un universo a noi sconosciuto, quello di coloro che devono accoglierci nelle loro abitazioni per ricevere assistenza.
Proprio questa situazione fa sì che ogni passo, ogni parola, ogni azione, debba essere compiuta portando il rispetto necessario a coloro che hanno aperto con fiducia la porta della propria vita a noi estranei, poiché questo siamo inizialmente, divenendo visita dopo visita parte integrante delle vite che assistiamo.
Da quando si è sviluppata la pandemia, causata dal Sars-Cov2, il concetto stesso di assistenza domiciliare è mutato, soprattutto a livello psicologico: per motivi di sicurezza i dpi sono divenuti fondamentali anche per quanto riguarda l’assistito e spetta a noi infermieri far rispettare il protocollo previsto.
Ammetto di non essere a mio agio quando, in casa altrui, chiedo di indossare la mascherina anche a coloro che in quella casa ci vivono, quando chiedo di aprire le finestre per arieggiare l’ambiente e allontano tutti coloro che non sono necessari dalle stanze che ogni giorno li vedono protagonisti, mentre io sono solo una comparsa. Lo faccio per il loro bene e per il mio, a volte non è facile ma risulta palese come l’obiettivo sia la messa in sicurezza di tutti.
In conclusione, voglio ribadire come il concetto di assistenza domiciliare sia delicato, basato su una bilancia i cui piatti necessitano dello stesso peso: il rispetto tra colui che riceve assistenza e la figura professionale che rappresentiamo.
Noi infermieri domiciliari siamo un riferimento, siamo le persone in cui l’assistito e i suoi familiari ripongono la propria fiducia nel seguire le indicazioni che diventano indispensabili per tutta la durata dell’accesso domiciliare.
Non dobbiamo sottovalutare il ruolo che ricopriamo e l’importanza che rivestiamo in quanto sanitari, ma neppure il fatto che entriamo come esterni nelle intimità delle vite degli altri.
Umiltà e competenza, mai come in questo periodo risultano indispensabili.