Patient Engagement, essere protagonisti del proprio futuro
In che misura il paziente si sente coinvolto nel processo di cura? Il supporto che riceve è centrato sui suoi bisogni? La terapia è stata adattata il più possibile alle sue esigenze?
Migliorare la gestione della malattia, aumentare l’aderenza ai trattamenti e i comportamenti preventivi, incrementare la patient satisfaction e ridurre la spesa sanitaria è possibile. La chiave principale per raggiungere questi obiettivi è aumentare il coinvolgimento attivo del paziente nel processo di cura, in modo particolare attraverso il suo ascolto e l’inserimento della sua voce, delle sue idee nell’evoluzione decisionale per la strutturazione dei PSP.
Dagli studi condotti dal neo nato centro di ricerca EngageMinds Hub dell’Università Cattolica, su un campione di 1389 pazienti cronici italiani, 9 su 10 ritengono importante il loro coinvolgimento attivo nel processo di cura, ma solo 4 su 10 si sentono effettivamente coinvolti.
Ma cosa significa davvero Patient Engagement?
Tradotto letteralmente patient engagement vuol dire “coinvolgimento del paziente”. In ambito sanitario la nozione si concentra sul suo coinvolgimento attivo in tutto ciò che riguarda il suo percorso di cura.
La definizione si estende nelle evidenze presentate dal centro di ricerca EngageMinds Hub: “l’engagement rappresenta un processo complesso risultato dalla combinazione di diverse dimensioni e fattori di natura individuale, relazionale, organizzativa, sociale, economica e politica che connotano il contesto di vita della persona. L’engagement è funzione della capacità, della volontà e della scelta graduale delle persone di assumere un ruolo proattivo nella gestione della propria salute”.
Quando un paziente non si sente engaged, cosa succede?
Dal momento in cui un paziente riceve la diagnosi della propria malattia è chiamato a collezionare informazioni, seguire visite, controlli e finisce per subire in modo passivo decisioni che vengono prese per lui. Se questa condizione non muta il paziente rischia di rimanere nella fase in cui, sconvolto dalla sua malattia e condizione di salute, delega tutto al sistema. Fase che, dal PHE model ®[1], viene definita di Blackout. Seguendo questo modello, affinché il paziente possa arrivare a considerarsi di nuovo una persona, è necessario aiutarlo nell’elaborazione e accettazione della malattia, nonché spingerlo ad aumentare le sue conoscenze per fornirgli un’efficace comunicazione con i curanti che gli permetta di tenere sotto controllo la sua storia.
Se il paziente rimane nella fase di Blackout senza progredire nella scala dell’Engagement, le principali conseguenze riguardano un aumento dei costi della sanità, una scarsa aderenza alle terapie nonché un generale peggioramento del suo stile di vita.
Da disease centred model a person centred model, il ruolo dei PSP e della UX
Uno dei passi fondamentali per portare il paziente ad approcciarsi in modo attivo alla propria patologia e alle terapie che lo riguardano è allargare il focus dal suo contesto sanitario a quello quotidiano nella gestione della sua cura. Conoscere il vissuto del paziente, la sua quotidianità, i suoi bisogni emotivi e relazionali è utile per coinvolgerlo in modo diretto nella costruzione del suo progetto di cura. Affinché il paziente possa aumentare i comportamenti preventivi e usare in modo appropriato le risorse a sua disposizione, un possibile strumento da mettere in campo è la User Experience. Attraverso una fase di ricerca iniziale è possibile raccogliere comportamenti, opinioni, frustrazioni, bisogni e frasi chiave. Tra i possibili risultati di queste analisi vi sono dei patient journey maps dalla presa di coscienza dei sintomi sino al follow up.
Gli stessi Patient Support Program sono strutturati in modo da rendere il paziente un partecipante attivo, un decisore in fase di programmazione. L’ascolto diretto di quelle che possono essere le sue proposte e un’analisi approfondita dei suoi bisogni rappresentano la base di partenza per la creazione del protocollo.
Il paziente esperto al centro di un complesso gioco di squadra
Aumentare l’engagement del paziente è un vero e proprio impegno collettivo che coinvolge i diversi attori del mondo dell’healthcare. Per prima cosa è necessario sensibilizzare e formare i professionisti sanitari e il team di cura, poi i caregiver che rappresentano un tassello fondamentale per garantire l’aderenza terapeutica e la continuità assistenziale.
Le associazioni dei pazienti rappresentano un punto fermo a cui rivolgersi: sono dei veri e propri trait d’union ufficiali tra la voce dei pazienti e il mondo delle istituzioni.
A tessere le fila di un sistema completo e organico è il paziente esperto. Si definisce paziente esperto quella persona che, pur partendo da un’esperienza di malattia propria o di un famigliare, decide di affrontare un percorso di formazione intensiva e di livello tecnico importante indipendente dalla specifica patologia, per poi mettere competenze ed esperienze a servizio della ricerca e della comunità.
Migliorare la capacità dei Pazienti di trasmettere la formazione all’interno delle loro organizzazioni e facilitare il dialogo alla pari del paziente con l’Industria, l’accademia, le autorità e i comitati etici sono solo alcuni degli obiettivi dell’attività di patient advocacy. Come riportato nell’articolo Paziente esperto, da passeggero a co-pilota della ricerca terapeutica? Questa figura ha la potenzialità di acquisire nei prossimi anni una rilevanza pari a quella dell’operatore sanitario, in grado di operare sia come soggetto attivo, responsabile di ricerca in gruppi o network di pazienti, sia come consulente della ricerca industriale o accademica per fornire pareri o consigli.
[1]Graffigna, G., Barello, S., Bonanomi, A., & Lozza, E. (2015). Measuring patient engagement: development and psychometric properties of the Patient Health Engagement (PHE) scale. Frontiers in psychology, 6, 274.; Graffigna, G., & Barello, S. (2018). Engagement: un nuovo modello di partecipazione in sanità. PENSIERO SCIENTIFICO EDITORE. L’utilizzo del modello è solo su base di licenza (contatto: guendalina.graffigna@unicatt.it)