Intervista al Professor Dionisi Vici sull’importanza del supporto nelle malattie metaboliche
Intorno alle malattie metaboliche ereditarie si sviluppano competenze trasversali che uniscono i professionisti sanitari coinvolgendo provider di servizi, associazioni di pazienti e pharma.
Tutti questi stakeholders saranno protagonisti del XII Congresso Nazionale SIMMESN (Società Italiana per lo studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale) che si terrà a Bari il 9-10-11 novembre 2022. Ne abbiamo parlato con il Professor Carlo Dionisi-Vici, Responsabile U.O.C. di Malattie Metaboliche, Dipartimento di Pediatrica Specialistica, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Cosa rappresenta SIMMESN?
Ogni anno, in occasione del Congresso, noi operatori medici abbiamo la consuetudine di scambiarci informazioni e novità sulla cura e la diagnosi delle malattie metaboliche. Ciò che sta sempre di più emergendo è l’opportunità di considerare nuovi modelli organizzativi che possano per esempio riguardare l’impiego di provider healthcare che supportino le attività diagnostiche e di screening inerenti i pazienti affetti da malattie metaboliche organizzando percorsi che possano mettere in comunicazione Centri periferici e Centri di riferimento per ottimizzare la qualità dei servizi.
Ascoltare i bisogni dei pazienti è fondamentale per ridurre il loro burden of disease, ancora di più quando si tratta di malattie rare. Cosa significa, nella sua esperienza, prendere in carico persone con patologie metaboliche e bisogni assistenziali complessi?
Per un medico, avere di fronte un paziente con una malattia metabolica e bisogni assistenziali complessi non è solo un atto di responsabilità professionale: l’intero percorso di un malato con una malattia rara metabolica è molto complesso e difficile per cui è prioritaria la necessità di condividere l’impatto emotivo e, soprattutto quando si tratta di bambini, con la famiglia con cui si viene a stabilire quella che viene definita l’alleanza terapeutica nel momento della comunicazione della diagnosi. Fatta questa premessa, un Centro di malattie metaboliche ha assolutamente bisogno, per prendere in carico bisogni assistenziali complessi, di un team multidisciplinare che non si limiti a offrire un percorso strettamente sanitario e che valorizzi la comunicazione come momento di condivisione tra medico e paziente.
Quanto è importante, nell’ambito di una patologia metabolica, offrire al paziente un programma di supporto che garantisca il monitoraggio costante, magari eseguito a domicilio?
A mio avviso c’è ancora molta strada da fare, ma in questi anni è stato tracciato un solco attraverso l’offerta della domiciliazione delle terapie che consentono ai pazienti di non rivolgersi più alla struttura ospedaliera per eseguire, per esempio, cicli di trattamento che prevedono la somministrazione endovenosa di farmaci per ore, con tutto il disagio e il dispendio di tempo che comporta. Inoltre, laddove c’è la possibilità di eseguire le terapie o il monitoraggio a domicilio, avvalendosi di piattaforme di telemedicina, si evita al paziente lo spostamento verso la struttura ospedaliera.
Ritiene che stabilire una partnership con un provider di servizi in ambito healthcare possa agevolare i Centri Clinici nella gestione, più semplice ed efficace, delle attività di screening, referral e follow up dei pazienti?
Certamente: gestire un service diagnostico o di screening attraverso un provider di servizi consente di ottimizzare, semplificare e velocizzare il processo organizzativo. Il provider può infatti farsi carico sia dell’aspetto logistico, legato all’esecuzione di esami di laboratorio complessi che prevedono il prelievo, l’invio o la conservazione del campione prelevato, sia dell’aspetto comunicativo e di intermediazione svolto con i Centri periferici e con il territorio.
Quanto conta il supporto fornito ai Centri Clinici per gestire in maniera ottimale lo screening di una patologia metabolica per arrivare nel minor tempo possibile alla diagnosi e al tempestivo inizio della terapia?
Oggi, sempre di più si parla di screening nel campo delle malattie metaboliche, occorre però differenziare lo screening neonatale di popolazione, che consente di diagnosticare e curare la malattia sin dalle prime settimane di vita, dallo screening orientato, cioè quello basato su uno o più sintomi, che indirizzano verso la diagnosi. Entrambe le modalità di screening riducono i tempi dell’odissea diagnostica e consentono di avere una diagnosi precoce, di avviare tempestivamente le cure migliorando la prognosi. Il paradigma, dunque, che si può applicare a tutta la medicina è quello che include diagnosi precoce, inizio rapido della terapia, prognosi migliore. Non dimentichiamo poi che la diagnosi precoce, anche in una malattia non curabile rappresenta un valore aggiunto perché permette di accedere a un counseling genetico volto a far comprendere le conseguenze di una diagnosi di malattia genetica