Essere un infermiere di home therapy ai tempi del Coronavirus: la storia di Anisoara
Di questi tempi credo che sia importante darsi molto da fare più che perdersi in chiacchiere, ma credo anche che raccontare quello che succede sia importante per chi come me ha a che fare con i pazienti, perché può essere un conforto in un momento così particolare.
Mi chiamo Anna, sono un’infermiera che si dedica all’assistenza delle persone affette da malattie complesse a domicilio.
Voglio condividere il mio vissuto in questo periodo molto delicato in cui il nostro lavoro di infermieri ci porta, oggi più che mai, a dare ai pazienti non solo l’assistenza specifica, ma anche un importante supporto in termini di rassicurazioni, informazioni, conferme, codici di comportamento per approcciarsi in famiglia e nella collettività.
Nel momento in cui varco la porta di casa dei miei pazienti vedo tante volte persone con il sorriso sulle labbra, contente di vedermi, persone che aspettano da me molte informazioni. Sono tante le domande a cui devo rispondere: come comportarsi, se certi atteggiamenti sono giusti o sbagliati. Noto anche una maggiore attenzione dei miei assistiti a tutte le manovre che metto in atto per l’infusione domiciliare e rispondo con interesse alle domande che mi fanno in merito.
Mi capita anche di vedere persone timorose al mio ingresso in casa loro, parlano con gli occhi, capisco che si stanno chiedendo: “siamo al sicuro se, tu che per lavoro ti muovi tanto, entri a casa nostra?”. Cosa posso fare per rassicurarli? Spiegare e mostrare loro qual è il modo in cui si svolgerà il mio intervento (la distanza sociale di almeno un metro, l’uso della mascherina, i ripetuti cambi di guanti in ogni fase dell’attività)
Personalmente credo che l’attività di più importante valore in questi tempi colmi di incertezze e preoccupazioni, sia il supporto psicologico: le persone si aspettano da noi che entriamo nelle loro case, rassicurazioni e conferme. Le persone ci aspettano nelle loro case per affidarsi a noi, per sentirsi protette; siamo anche la loro “valvola di sfogo” perché tante volte liberarsi delle preoccupazioni e avere risposte è tanto importante quanto la terapia. Avere a casa un operatore sanitario con cui confrontarsi tranquillizza e conforta, aiuta a “ricaricare le batterie” per continuare ad affrontare un periodo critico che si aggiunge a una condizione già fragile di per sé, quella di malato raro.
Ho trovato conforto quando, uscendo dalla casa di uno dei miei pazienti, mi sono sentita dire “ti aspettiamo la prossima volta!”. Questo per me è importante, significa che sono riuscita a trasmettere a lui e alla sua famiglia quello che mi pongo come obiettivo sempre: fiducia, che penso sia la base del rapporto infermiere paziente.
In questo particolare periodo credo sia fondamentale il nostro operato: siamo quelli che curano “anima e corpo”, la nostra missione è di fondamentale importanza. Quindi, rivolgendomi ai miei colleghi, auguro a tutti: Buon lavoro!