ASSISTENZA TERRITORIALE: CURE DOMICILIARI E INFERMIERE DI COMUNITÁ
A fornire una panoramica sui nuovi modelli organizzativi e sugli standard per lo sviluppo dell’assistenza sanitaria – come già descritto in un nostro precedente articolo – è il nuovo quadro normativo rappresentato dal Decreto Ministeriale 77 del 2022 e dai Contratti istituzionali di sviluppo (CIS). Tali norme e contratti hanno reso attuativi parte degli obiettivi inclusi nella Missione 6 Salute del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato nel 2021 con uno stanziamento di 20,2 miliardi di euro. Obiettivo condiviso di tale scenario normativo è l’allineamento dei servizi ai bisogni di cura dei pazienti, l’equità di accesso e il rafforzamento della prevenzione e dei servizi sul territorio con estensione a ogni area del Paese.
La casa come primo luogo di cura
Il tema della casa come primo luogo di cura emerge dall’agenda di riforme del PNRR. Il Piano ha infatti previsto un investimento di 2,7 miliardi per il potenziamento dell’assistenza domiciliare. La finalità è aumentare il volume delle prestazioni fino a prendere in carico, entro la metà del 2026, almeno il 10% della popolazione di età superiore ai 65 anni (in linea con le migliori prassi europee), rispetto all’attuale media italiana di poco superiore al 6% (Istat 2021). Oltre al PNRR e al DM 77/2022, il 21 marzo 2023 il Parlamento ha inoltre approvato definitivamente la legge delega in materia di politiche in favore delle persone anziane contenente la riforma della non autosufficienza. In tema di domiciliarità la legge punta anzitutto all’unitarietà delle risposte, attraverso l’integrazione dei servizi domiciliari erogati dalle Asl, tramite l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), e dai Comuni, tramite il Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD). Parallelamente, la legge promuove la razionalizzazione dell’offerta di prestazioni socio-sanitarie tenendo conto delle condizioni dell’assistito, nonché la previsione di interventi di durata e intensità adeguate alle condizioni di salute della persona.
Il ruolo dell’infermiere di famiglia e di comunità
Un ruolo di rilievo nel processo di implementazione dell’assistenza territoriale e domiciliare è ricoperto dall’infermiere di famiglia e comunità (IFeC). Secondo Barbara Mangiacavalli, Presidente Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (Fnopi), lo standard stabilito è di un infermiere ogni 30mila abitanti e il fabbisogno complessivo è di circa 20mila infermieri di famiglia e comunità e di altrettanti 20mila per i vari nuovi servizi sul territorio. Questa presenza capillare consentirebbe un miglior monitoraggio dello stato di salute della popolazione, con ricadute in termini di prevenzione degli eventi acuti, razionalizzazione delle ospedalizzazioni, aumento della qualità di vita dei cittadini e ottimizzazione delle risorse impiegate. L’IFeC, infatti, operando su diversi livelli di complessità e in collaborazione con tutti i professionisti della comunità, monitora l’aderenza terapeutica, l’empowerment e valuta i sistemi di telemonitoraggio, ed è colui che attiva consulenze infermieristiche, si occupa della formazione dei caregiver e delle persone di riferimento. Collabora, inoltre, alla realizzazione della continuità ospedale-territorio, contribuendo alla definizione di protocolli, procedure, percorsi e al supporto tecnico-professionale ai gruppi di auto mutuo aiuto.
Come vincere le sfide future: l’azione sinergica fra servizio sanitario e provider
Nel contesto delineato tre sono le grandi sfide a cui la domiciliarità è chiamata a rispondere perché la casa diventi realmente il primo luogo di cura: l’estensione dell’assistenza, il superamento dell’approccio prestazionale, l’introduzione di modelli di servizio innovativi. Le cure domiciliari dovranno raggiungere un maggior numero di utenti, con un’intensificazione delle visite e della durata media di presa in carico. Occorrerà puntare ad un approccio care multidimensionale, basato su uno sguardo complessivo della condizione della persona e dei suoi molteplici fattori di fragilità (Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza, 2021). E, infine, sarà necessario proporre soluzioni innovative, ad alta integrazione, tecnologicamente avanzate, con monitoraggio clinico e ambientale diffuso e continuativo. Si tratta di sfide di ampia portata che non possono che essere affrontate tramite modelli organizzativi integrati in cui pubblico e privato co-progettano e co-erogano i servizi. Soltanto tramite l’azione sinergica fra SSN e operatori privati sarà possibile ridisegnare i flussi di cure domiciliari e le modalità di erogazione, adattandoli alle reali esigenze dei pazienti, anche grazie al supporto di strumenti tecnologici innovativi. Un percorso ambizioso per sfide ambiziose: la costruzione di modelli integrati e multifattoriali di assistenza a domicilio, in grado di garantire continuità assistenziale, cure multidisciplinari e supporto all’autogestione.